don Pasquale Giordano – Commento al Vangelo del 3 Aprile 2023

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Lunedì della Settimana Santa

Lunedì della Settimana Santa

Non griderà, non farà udire in piazza la sua voce. (Primo canto del Servo del Signore)

«Ecco il mio servo che io sostengo,

il mio eletto di cui mi compiaccio.

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Ho posto il mio spirito su di lui;

egli porterà il diritto alle nazioni.

Non griderà né alzerà il tono,

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non farà udire in piazza la sua voce,

non spezzerà una canna incrinata,

non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta;

proclamerà il diritto con verità.

Non verrà meno e non si abbatterà,

finché non avrà stabilito il diritto sulla terra,

e le isole attendono il suo insegnamento».

Così dice il Signore Dio,

che crea i cieli e li dispiega,

distende la terra con ciò che vi nasce,

dà il respiro alla gente che la abita

e l’alito a quanti camminano su di essa:

«Io, il Signore, ti ho chiamato per la giustizia

e ti ho preso per mano;

ti ho formato e ti ho stabilito

come alleanza del popolo

e luce delle nazioni,

perché tu apra gli occhi ai ciechi

e faccia uscire dal carcere i prigionieri,

dalla reclusione coloro che abitano nelle tenebre».

Il servo consolatore

Questo è il primo di quattro poemi il cui protagonista è il Servo di Dio. Il Signore si compiace di colui che ha scelto e consacrato profeta perché in lui si riflette la sua bontà misericordiosa e nelle parole che pronuncia proclama il vangelo nel quale risuona l’appello alla riconciliazione. Il creatore affida al suo servo la missione d’insegnare la via che porta alla salvezza e di aiutare coloro che sono infermi a percorrerla. Non c’è altra luce che guida i popoli alla fraternità universale se non l’amore di Dio. Essa risplende nella creazione che conserva l’eco della Parola, nella Scrittura nella quale risuona la voce di Dio, ma si manifesta in tutta la sua forza in Gesù Cristo. Il Padre fa sentire la sua voce nel battesimo di Gesù al Giordano e nell’evento della trasfigurazione, ma ancor di più con la risurrezione. L’evangelista Matteo cita questo canto per affermare che la missione evangelizzatrice di Gesù compie la promessa di Dio espressa nell’oracolo profetico. Si sottolinea in particolare la compassione per la quale Dio si fa carico delle sofferenze umane per alleviarle e trasformarle in consolazioni.

+ Dal Vangelo secondo Giovanni Gv 12,1-11

Lasciala fare, perché essa lo conservi per il giorno della mia sepoltura.

Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betània, dove si trovava Làzzaro, che egli aveva risuscitato dai morti. E qui fecero per lui una cena: Marta serviva e Làzzaro era uno dei commensali.

Maria allora prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì dell’aroma di quel profumo.

Allora Giuda Iscariòta, uno dei suoi discepoli, che stava per tradirlo, disse: «Perché non si è venduto questo profumo per trecento denari e non si sono dati ai poveri?». Disse questo non perché gli importasse dei poveri, ma perché era un ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro.

Gesù allora disse: «Lasciala fare, perché ella lo conservi per il giorno della mia sepoltura. I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me».

Intanto una grande folla di Giudei venne a sapere che egli si trovava là e accorse, non solo per Gesù, ma anche per vedere Làzzaro che egli aveva risuscitato dai morti. I capi dei sacerdoti allora decisero di uccidere anche Làzzaro, perché molti Giudei se ne andavano a causa di lui e credevano in Gesù.

Era vicina la Pasqua dei Giudei e molti dalla regione salirono a Gerusalemme prima della Pasqua per purificarsi. Essi cercavano Gesù e, stando nel tempio, dicevano tra loro: «Che ve ne pare? Non verrà alla festa?».

Il profumo della tenerezza

Mancano appena sei giorni alla Pasqua nella quale Gesù avrebbe offerto sé stesso in sacrificio di soave odore e Maria, sorella di Lazzaro, compie inaspettatamente un gesto dal sapore profetico. Il profumo della tenerezza riempì tutta la casa quasi a voler indicare che l’amore deve diffondersi e coinvolgere tutti. Così è l’atto di amore estremo compiuto da Gesù sulla croce. Il profumo del suo amore deve spandersi in tutto il mondo. Il gesto è reso più eloquente dal silenzio di Maria e di Gesù che invita alla contemplazione e allo stupore. La tenerezza e la delicatezza sono il linguaggio dell’amore che non ha altro fine che onorare l’altro.

Avrebbe potuto versare il profumo sul capo e invece lo versa sui piedi, la parte meno onorevole del corpo. È facile tributare onori ai vincitori e applaudire ai potenti perché, in fin dei conti, speriamo sempre di ricavarne qualche favore. Maria invece dimostra di amare veramente Gesù non solo in quel contesto di festa, ma soprattutto nel dramma del dolore. Quando tutto sembra inutile perché ogni sforzo di salvare il salvabile si è rivelato vano, solo la tenerezza di una carezza o la delicatezza di un bacio riescono a guarire la disperazione dell’impotenza umana. È proprio attraverso i gesti quotidiani e silenziosi di persone impregnate dello Spirito di Dio che il profumo di Cristo si diffonde e riempie i cuori di chi si lascia amare.

Giuda, rifiutando di lasciarsi amare da Dio, prima di tradire Gesù, ha consegnato sé stesso nelle mani del demonio. Chi ripone in sé stesso le sue speranze diventa vittima dell’invidia al punto di provare disprezzo per la tenerezza e fastidio per la gioia altrui. Un uomo intristito dall’orgoglio e dalla cupidigia è più facilmente portato dal moralismo messo in campo per nascondere la sua ipocrisia. Chi è abituato a speculare per i propri interessi non si fa scrupoli anche di farlo con i poveri. Giuda tradisce Gesù perché, essendo un povero, anzi il più povero tra i poveri, lucrerà sulla sua morte.

Leggi la preghiera del giorno.

Commento a cura di don Pasquale Giordano
Vicario episcopale per l’evangelizzazione e la catechesi e direttore del Centro di Spiritualità biblica a Matera

Fonte – il blog di don Pasquale “Tu hai Parole di vita eterna