Commento a cura di don Pasquale Giordano
La parrocchia Mater Ecclesiae è stata fondata il 2 luglio 1968 dall’Arcivescovo Mons. Giacomo Palombella, che morirà ad Acquaviva delle Fonti, suo paese natale, nel gennaio 1977, ormai dimissionario per superati limiti di età… [Continua sul sito]
A LEZIONE DI MISERICORDIA
Come nella pagina del vangelo di Luca meditata domenica scorsa, anche in questa, tratta dal vangelo di Giovanni, Gesù è al centro della polemica montata dalle autorità religiose che gli contestano il suo modo di agire e insegnare perché in contrasto, a loro dire, della tradizione. La gente disorienta è divisa tra chi è attratto dalla personalità di Gesù e coloro che si lasciano influenzare dai giudizi taglienti dei capi. La paura delle autorità, che sarà ben espressa dal Sommo Sacerdote poco prima della passione, riguarda la perdita del loro potere sulla gente.
L’invidia porta ad accusare Gesù del peccato di cui si macchiano loro stessi. Lo giudicano come traditore perché a loro avviso egli corromperebbe la tradizione fino ad annullarla. In realtà l’insegnamento di Gesù altro non è che la manifestazione del volto del Padre che si rivela nei segni da lui operati, ma in particolare nell’ora della croce quando, donando il suo Spirito, egli porterà a compimento la volontà di Dio di salvare ogni uomo. Tutti i segni sono realizzati per preparare ad accogliere il dono della Vita Eterna. Egli, infatti, non è venuto a condannare ma per salvare. Il tutto si svolge nel tempio nel quale s’insegna la legge di Dio.
Nel racconto si registrano tre atteggiamenti di Gesù che rivelano altrettanti aspetti della sua persona. Innanzitutto, egli si siede, come fa un maestro, e insegna. Poi si alza, come fa un giudice, ed emette la sentenza. Tra questi due gesti ce n’è un terzo: si china per scrivere per terra. L’allusione è alla scrittura della Legge, per mano di Dio, data a Mosè. Il confronto tra Gesù e le autorità giudaiche appare evidente. Il primo si mette al servizio della Legge di Dio per salvare mentre le seconde si servono di essa per condannare. La differenza appare anche a proposito del giudizio. Le autorità, che si ergono a giudici inquisitori di Gesù e cercano un capo d’imputazione per accusarlo, lo chiamano in causa perché egli stesso si faccia giudice affinché con una sua sentenza si applichi la legge di Mosè e sia eseguita la condanna a morte della donna peccatrice.
Con il suo scrivere per terra col dito Gesù rivela di essere non solo un maestro ma il Legislatore che, come avevano annunciato i profeti, scrive la Legge nel cuore e non più su pietra. Come tale egli è anche giudice la cui parola non dà il via libera all’esecuzione della pena ma, ricordando che tutti sono peccatori davanti alla Legge, inibisce ogni forma di condanna. La parola della Legge nelle mani degli uomini diventa un’arma contundente e la fine della vita degli avversari. Gesù scrive una legge nuova. La sua parola non uccide ma dà vita. Quella di Dio, più che essere un’ultima parola sulla sorte degli uomini, è una parola che per loro genera sempre un nuovo inizio e una rinnovata speranza. Il comandamento dell’amore fraterno è scritto con il suo sangue nel cuore degli uomini. Questo è il comandamento che dà vita e non legge che procura la morte.
Il giudizio di Dio non è un’ultima parola che chiude il caso, ma una parola che apre sempre strade e possibilità nuove rigenerando nel cuore di chi l’accoglie con fede la speranza della salvezza. Cosa sia la salvezza lo spiega Paolo portando la sua testimonianza ai Filippesi. L’apostolo, conquistato dall’amore di Dio, non desidera nient’altro nella sua vita che conoscere sempre più Gesù Cristo. La conoscenza a cui allude non è mentale ma il verbo conoscere significa amare. Il perdono di Dio non è semplice cancellazione del peccato ma è un atto attraverso il quale la persona rinasce come una nuova creatura desiderosa e capace di amare Dio con il medesimo amore con cui è amato da Lui.
Gesù, Maestro e Signore, guidaci sulla via della pace e rendici corridori solidali sulle strade della giustizia per giungere con Te alla meta della salvezza. Tu, che ci hai dato l’esempio del servizio lavando i piedi agli apostoli, insegnaci ad amare i fratelli vivendo il nostro ministero nello stesso modo con cui ti chini su di noi, polvere della terra, per comunicarci il dono dello Spirito Santo. Tu che scrivi nel cuore il nuovo ed eterno Testamento dell’amore, scampaci dalla condanna del peccato e fa di noi gli eredi del tuo regno.