don Pasquale Giordano – Commento al Vangelo del 27 Ottobre 2022

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Inseguire il cuore oltre l’ostacolo

I farisei avvertono Gesù del pericolo che corre nel proseguire verso Gerusalemme perché Erode vorrebbe ucciderlo. Egli non cede alla minaccia perché, nell’obbedire liberamente al Padre che gli ha affidato la missione di scacciare demoni e di guarire gli infermi, ha messo in conto anche la morte. Aderire alla volontà di Dio significa fare di essa il senso della propria vita fino alle estreme conseguenze.

Gesù ha scelto di non vivere per sé stesso ma di offrire la vita per salvare quella di tutti gli uomini, anche di coloro che concorreranno a ucciderlo. I veri profeti, quelli inviati da Dio, hanno subito il martirio anticipando con la loro morte il sacrificio di Gesù. La minaccia fa presa solo su chi è già invaso dalla paura. Gesù non è spinto dalla sua volontà ma, guidato dallo Spirito Santo, sacrifica la sua vita per liberare l’uomo dal potere del demonio e guarirlo dal peccato. 

La fede coraggiosa, e non il calcolo personale, determina le scelte di Gesù. La determinazione nel compiere fino in fondo la volontà del Padre nasce da un cuore che ama, mentre il calcolo è prodotto da una mente che pensa secondo criteri mondani. A volte anche la nostra vita può sembrare come una corsa nel vano tentativo di sfuggire ai vari pericoli che la minacciano. È l’ansia il vero pericolo che minaccia la passione e lo zelo con i quali offriamo un servizio e facciamo del bene.

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Quando ci distraiamo dal vero obbiettivo della nostra vita, che è amare Dio e i fratelli nel loro bisogno, ci lasciamo ingannare dalle delusioni e dalle paure. L’amore, messo alla prova, cresce nella misura in cui gettiamo il cuore oltre gli ostacoli lì dove troviamo il fratello e la sorella da aiutare.

Gerusalemme rappresenta per Gesù la sposa da amare, vivendo e morendo per lei, anche se è ingrata e recalcitrante. La morte, paventata dai farisei, non è considerata da Gesù come un ostacolo alla realizzazione della sua missione ma il suo pieno compimento. Essa, infatti, non è causata da Erode ma è il sigillo d’amore che egli stesso vuole porre sulla sua scelta di servizio.

Morire a Gerusalemme significa offrire la propria vita per amore della Chiesa che diventa la sua Sposa. La Città santa sta ad indicare tutti gli uomini che, per mezzo del suo sacrificio, ricevono la cittadinanza della Gerusalemme del cielo, il lasciapassare per il Paradiso. 

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Quando siamo in ansia per il nostro futuro perché all’orizzonte si addensano le nubi della sofferenza e della morte, confidiamo nel Signore che ci precede sulla strada dell’amore: «Anche se dovessi camminare in una valle oscura io non temo alcun male, perché Tu sei con me, mio bastone e mio vincastro» (Sal 22).

Commento a cura di don Pasquale Giordano

FonteMater Ecclesiae Bernalda
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