Il Signore è vicino, chi lo cerca?
XVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A)
Le immagini del tesoro nascosto in un campo, della perla bella in mezzo alle altre di minor valore e della rete che raccoglie ogni tipo di pesce sono impiegate da Gesù per presentare il Regno dei cieli come esperienza d’incontro di Dio.
Le tre allegorie sono accomunate da alcuni particolari il primo dei quali è il segreto. Il tesoro è nascosto sottoterra, la perla buona si trova insieme, quasi confusa, alle altre e infine la rete da pesca è immersa nelle acque del mare. Le tre immagini vogliono suggerire la verità che il Dio di Gesù Cristo è veramente Jhvh, cioè «Colui che è» immerso pienamente nell’umanità, che si «confonde» tra le bellezze della natura, che è pienamente partecipe degli eventi della storia dell’uomo. Gesù è veramente l’Emmanuele, il Dio con noi! Tuttavia, la sua presenza non è invasiva e la sua evidenza non s’impone. Egli, che è venuto in mezzo a noi e ha posto la sua casa tra le nostre per rimanere con noi, nonostante tutto, aspetta pazientemente di essere scoperto, apprezzato e fatto proprio. Il Regno di Dio è l’incontro tra Dio, che si fa prossimo e che attende di essere riconosciuto, e l’uomo che vive, a volte con stanchezza, i ritmi abitudinari della famiglia e del lavoro o che ricerca il senso pieno della propria esistenza. La scoperta avviene attraverso un incontro imprevisto o cercato. Un uomo trova il tesoro anche se non lo cerca e un mercante cerca le perle preziose per trovare la più bella. L’importante non sono solo le intenzioni iniziali, ma il saper cogliere strada facendo le occasioni per incontrare Dio. Si fa trovare nelle pieghe della vita di tutti i giorni o nei passi del cammino che compi alla ricerca della pace del cuore.
Il tesoro nascosto nel campo mi fa pensare alla predilezione che Dio ha del silenzio, della ferialità, della normalità. Il Signore abita la quotidianità della nostra vita perché il suo amore per l’uomo è talmente normale che spesso rischia di passare inosservato.
Mi piace immaginare l’uomo che lavora in un campo non suo e per conto di altri. Un giorno coltivando il terreno affidato alle sue cure, inciampando in qualcosa, è stato costretto a fermarsi e a rendersi conto dell’accaduto scoprendo una realtà fino ad allora sconosciuta. Il campo può essere la metafora della vita di tutti i giorni in famiglia o del lavoro quotidiano nei quali incontriamo le stesse persone. Con loro ci si scontra, s’inciampa e si cade. La stringatezza del racconto lascia spazio alla fantasia di chi ascolta la parabola per colmare i silenzi della narrazione con la propria esperienza di vita. Ogni relazione è costellata d’intoppi che ci costringono a fermarci, a prendere respiro, ad osservare meglio la realtà. Anche una caduta, se rinunciamo all’istintiva reazione aggressiva o all’imprecazione, può essere occasione di scoprire nell’altro qualcosa di valore a noi sconosciuto perché distratti dalla concentrazione solo su noi stessi. L’incontro può iniziare anche da uno scontro e una bella scoperta da una caduta. Ma l’incontro diventa scoperta se, oltrepassando l’apparenza, andiamo più in profondità, entriamo in contatto con la parte più preziosa, quanto nascosta, dell’altro.
La seconda allegoria presenta un mercante di perle preziose la cui ricerca non è lasciata al caso o è dettata dalla curiosità, né tanto meno avviene a tempo perso. La scoperta della perla preziosa è il risultato di un preciso programma di ricerca fatto di indagine, osservazione, distinzione, selezione. Quello rappresentato dal mercante è un incontro desiderato e preparato. La ricerca è l’arte di trasformare il desiderio in realtà, il sogno in evento. Del mercante possiamo intuire la metodicità con la quale conduce la ricerca senza scoraggiarsi dalle resistenze che incontra lungo il cammino. Colui che cerca le perle preziose si lascia guidare dalla bellezza che non possiede ma dalla quale si sente già posseduto e attratto. La disciplina e un programma di vita mantengono vive la speranza, cioè il desiderio di trovare ciò che si cerca.
L’incontro con Dio non si esaurisce in episodi, benché siano esaltanti. L’uomo saggio e il mercante esperto si lasciano cambiare da quella scoperta. Il cristiano che nella sua vita incontra Cristo deve scegliere se diventare suo discepolo o fare finta di nulla e vagare in una eterna ricerca senza un obbiettivo chiaro e un metodo preciso. Ogni scelta richiede una rinuncia, cioè l’accettazione di perdere qualcosa di sé.
Soprattutto nei momenti più delicati e difficili quando, come Salomone, siamo messi davanti al peso delle nostre responsabilità, dobbiamo fare delle scelte importanti e determinanti per la vita nostra e degli altri. Il re Salomone chiede a Dio «un cuore che sa ascoltare» (tradotto con «un cuore docile») affinché possa essere a servizio del popolo che Dio gli ha affidato. Da una parte riconosce il dono della missione che ha ricevuto, dall’altro anche i limiti dovuti alla sua giovane età e all’inesperienza. Il giovane Salomone, che non dà per scontato il fatto che sia re, è mosso da buone intenzioni di servire il suo popolo. Per realizzarle sa di non poter fare affidamento sulle sue limitate capacità ma necessita dello Spirito della Sapienza perché i suoi pensieri, i suoi progetti, le sue azioni e le sue parole vadano nella direzione di cercare la volontà di Dio, discernere il bene dal male, rendere concreta e sperimentabile la Sua giustizia. Salomone rinuncia all’autoreferenzialità, all’esercizio del potere per se stesso o contro gli altri e sceglie di «acquistare» la Sapienza. Proprio perché egli rinnega se stesso e si abbandona fiducioso in Dio, viene ricolmato dello Spirito, che fa del suo cuore uno spazio pronto ad accogliere la Parola di Dio e ascoltare il grido dei poveri.
Chi sceglie di seguire Cristo lascia tutto per il Tutto. Vendere significa rinunciare a ciò che rappresenta il fine mondano della propria vita per orientare tutte le proprie facoltà, energie, carismi, conoscenze e competenze verso Cristo Gesù e la realizzazione del suo Regno. Vendere tutto e comprare il campo o la perla preziosa vuol dire rinunciare a inseguire le velleità dei propri sogni malati per interiorizzare e fare propria la volontà di Dio. Con questi sentimenti filiali Gesù ci insegna a rivolgerci, come Salomone, al Padre dicendo: sia santificato il Tuo nome, venga il Tuo Regno, Sia fatta la Tua volontà.
Acquistare il campo e la perla preziosa significa interiorizzare la Parola di Dio, comprenderla, scegliere di appartenere Gesù mettendosi al suo servizio. Entrare in possesso del tesoro e della perla bella vuol dire entrare in una relazione di reciproca appartenenza con Dio e nella comunione fraterna della Chiesa. L’immagine della rete rivela il fatto che Dio è pienamente immerso nelle vicende dell’uomo affinché tutti siano accolti nel suo cuore di Padre. Dio non solo si fa incontrare, ma ci fa incontrare accomunati da una stessa rete che è anche immagine della Chiesa che accoglie in sé buoni e cattivi. L’incontro con Gesù ci inserisce nella comune appartenenza alla Chiesa alla quale spetta il compito di accogliere e «fare rete» ma non quello di giudicare che invece è di pertinenza divina. Il giudizio di Dio rivela quello che abbiamo scelto di essere. L’incontro con Dio, imprevisto o cercato, è un’occasione offerta per scoprirlo ma soprattutto per scegliere di appartenergli e di appartenere alla Chiesa. L’appartenenza non si vive semplicemente conoscendo teoricamente qualcosa dell’altro o scambiandosi favore secondo una logica puramente commerciale, ma scegliendo giorno per giorno di non usare la propria libertà per sé stessi ma di fare di sé un dono d’amore all’altro.
Auguro a tutti una serena giornata e vi benedico di cuore!
Commento a cura di don Pasquale Giordano
La parrocchia Mater Ecclesiae è stata fondata il 2 luglio 1968 dall’Arcivescovo Mons. Giacomo Palombella, che morirà ad Acquaviva delle Fonti, suo paese natale, nel gennaio 1977, ormai dimissionario per superati limiti di età… [Continua sul sito]