don Pasquale Giordano – Commento al Vangelo del 26 Giugno 2022

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Commento a cura di don Pasquale Giordano
FonteMater Ecclesiae Bernalda
La parrocchia Mater Ecclesiae è stata fondata il 2 luglio 1968 dall’Arcivescovo Mons. Giacomo Palombella, che morirà ad Acquaviva delle Fonti, suo paese natale, nel gennaio 1977, ormai dimissionario per superati limiti di età… [Continua sul sito]

XIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)

Lectio divina

La liturgia della Parola di questa domenica è introdotta dalla pagina tratta dal Primo Libro dei Re in cui si narra l’inizio del servizio del profeta Eliseo. Elia riceve da Dio l’indicazione di consacrare il suo successore nel ministero profetico. Eliseo risponde positivamente alla vocazione. Comprende che deve fare una scelta radicale e si congeda non solo dalla famiglia di origine, per la quale lavorava, ma anche da quel modo di stare al mondo che lo aveva caratterizzato fino al momento della chiamata. Eliseo ritorna da Elia non portando nulla di ciò che possiede ma totalmente libero per essere pienamente a servizio del profeta. Inizia per Eliseo il tempo della formazione che lo prepara ad assumere in prima persona la responsabilità del ministero profetico una volta che Elia sarebbe stato assunto in cielo.

Anche nella pagina evangelica si accenna all’elevazione di Gesù. Avendo presente tutto il racconto dell’evangelista Luca, l’ascensione rappresenta il culmine della sua vicenda terrena. Il verbo «compiere» introduce la visione teologica che offre l’evangelista. Il «compiersi dei giorni» vuole indicare la realizzazione della volontà di Dio che non è subita da Gesù ma liberamente assunta. La determinazione con cui decide di indirizzare il suo cammino verso Gerusalemme dice la piena consapevolezza di ciò che il Padre gli chiede. Sul monte della trasfigurazione l’argomento della conversazione tra Gesù, Elia e Mosè era stato l’«esodo» che si sarebbe compiuto a Gerusalemme.

Il cammino di Gesù si configura come l’itinerario pasquale il cui culmine è segnato dall’ingresso nel cielo. Nell’esodo d’Israele l’attraversamento del Mar Rosso, del deserto e del Giordano sono tre passaggi fondamentali propedeutici all’ingresso nella Terra promessa. Gesù è presentato da Luca come il profeta che guida il popolo alla libertà, che non è un privilegio per pochi e che si acquista a caro prezzo, ma è la condizione di vita piena nella comunione con Dio.

Nel contesto della vocazione e della missione di Gesù s’inserisce quella dei discepoli. Essi non sono solamente dei seguaci ma inviati come messaggeri con lo stesso compito che aveva ricevuto il Battista. Il primo compito degli apostoli (inviati) è quello di essere portatori dell’annuncio della presenza di Gesù e della sua intenzione di andare a Gerusalemme. Nel primo invio missionario i Dodici avevano ricevuto l’incarico di annunciare il Vangelo e guarire gli infermi. Questa attività era propedeutica all’incontro personale e comunitario con Gesù. Proprio in un contesto del genere gli apostoli avevano compreso il fatto che la partecipazione alla missione di Gesù non li poneva su un piano superiore alla gente alla quale si rivolgevano ma al loro servizio con spirito di responsabilità e umiltà. La lezione dei cinque pani e due pesci, divenuto il cibo per una moltitudine di persone, è stato presto dimenticato così come la raccomandazione fatta da Gesù nel caso della loro non accoglienza. All’inizio della sua missione Gesù aveva sperimentato sulla sua pelle quanto vero fosse il proverbio che nessun profeta è ben accolto in casa propria. Era stato cacciato dalla sinagoga ma lui, passando in mezzo alla folla inferocita che voleva gettarlo dal precipizio, aveva proseguito il suo cammino. Lo stesso destino gli è riservato dai Samaritani che si rifiutano di ospitarlo proprio perché è diretto a Gerusalemme. La reazione di Giacomo e Giovanni denota il modo con il quale interpretano la missione loro affidata. Essi si sentono offesi da invocare la punizione di Dio.

È una reazione talmente spropositata da meritare un solenne rimprovero di Gesù. La questione che è al centro della vicenda riguarda il modo di vivere il ministero affidato loro senza essere considerato come una proprietà privata. Gli apostoli ne hanno fatto una questione personale. Questo “pregiudizio” distoglie la loro attenzione dal cammino che stanno compiendo insieme a Gesù nel quale bisogna prepararsi ad ogni evenienza, anche a quella del rifiuto o addirittura della persecuzione. Come reagire in queste situazioni? L’istinto indurrebbe a ripagare con la stessa moneta coloro che offendono. Gesù insegna ad usare la mitezza che è la perseveranza nell’obbedienza alla volontà di Dio. Dunque, la prima istruzione in questa seconda fase del cammino con Gesù riguarda la mitezza e la pazienza, virtù necessarie per progredire nell’itinerario pasquale che giungerà Gerusalemme e, da lì, ripartire per percorrere le strade del mondo come testimoni del Risorto.

Anche se Gesù aveva mandato messaggeri davanti a sé richiama coloro che pretendono di fare fughe in avanti a rinnovare la loro scelta di seguirlo. Detta le condizioni! Innanzitutto, a chi protesta la piena e incondizionata volontà di seguirlo ovunque, afferma la priorità nell’imitarlo nello stile della povertà. Al discepolo prescelto gli ricorda che la sequela è una scelta d’amore che implica il «lasciare il padre e la madre» per aderire alla volontà di Dio e appartenergli. La terza condizione riguarda la prospettiva con la quale si entra a servizio di Gesù. Bisogna sempre guardare avanti, senza voltarsi. In altre parole, il cammino con Gesù richiede di confermare quotidianamente la scelta di seguirlo ponendolo sempre avanti come guida.

In cammino insieme a Gesù

Il tema del cammino attraversa tutta la pagina evangelica, che viene proposta alla nostra meditazione in questa domenica, unificando le varie scene che la compongono. Il quadro narrativo presenta il cammino di Gesù, il cammino con Gesù e il cammino dietro Gesù. Ogni viaggio ha un punto di partenza e uno di arrivo e la linea che li congiunge è la strada. Il cammino di Gesù ha la sua origine nel battesimo al Giordano quando gli viene rivelata la volontà di Dio che lo invia. Il Nazareno è il primo discepolo del Padre e il suo ministero profetico è guidato dal Suo Spirito. Obbedire alla volontà di Dio non significa essere succubi di un’autorità superiore, ma è l’esercizio della vera libertà che matura passo dopo passo nel cammino della maturazione dell’amore. Il cuore che ama detta la direzione del cammino pur sapendo che esso è in salita e con ostacoli ma con la consapevolezza che Colui che chiama a seguirlo dona anche la forza per farlo nonostante le resistenze e le difficoltà. La vita, che si voglia o no, è una continua marcia il cui passo è dettato dalle intenzioni del cuore. È lì che scegliamo se cercare spazi nei quali accomodarci o essere noi stessi costruttori di strade sulle quali camminare insieme verso la Casa comune nella quale abitare da fratelli. Gesù, percorrendo la via dell’obbedienza inaugura una strada nuova sulla quale si unisce agli uomini e unisce a sé uomini e donne per condividere con loro la vocazione di figli di Dio e la missione di annunciatori del Vangelo. La scelta di Gesù di mettersi in cammino verso Gerusalemme è una provocazione per tutti perché costringe a scomodarci e ci strappa dalla nostra sedentarietà. Una vita sedentaria è una vita malata. È sedentaria una vita che rimane fissa sui suoi schemi, rigida nelle sue aspettative, incapace di fare passi in avanti per paura di sbagliare, sclerotizzata nei propri principi che impediscono l’ascolto convinti del fatto che gli altri devono adattarsi. 

Il Cammino di Gesù è veramente un Esodo perché è l’itinerario di liberazione che fa di noi, schiavi del peccato, uomini liberi perché a servizio di Dio e dei fratelli. Si tratta di un continuo passaggio dalla morte a sé stessi al vivere per amore. La libertà non consiste nell’accumulare diritti ma si vive ad ogni passaggio nel quale muore l’uomo vecchio, attaccato alle cose della terra, e rinasce quello nuovo che fa della sua vita una missione d’amore. 

Gesù, dunque, risponde alla chiamata di Dio. La volontà divina, rivelata nella vocazione, si coniuga con quella umana che si esprime nella scelta decisa di andare a (morire a) Gerusalemme. La fiducia di Gesù nei confronti del Padre è totale sicché nelle sue scelte s’intravede la volontà di Dio che si compie. Gesù manifesta di sé di essere il servo di Dio che accetta la sofferenza, non fine a sé stessa, ma come mezzo per giungere in alto dove Dio lo sta per elevare. Il rifiuto dei Samaritani da una parte continua a gettare l’ombra della morte sulla missione di Gesù, dall’altra diventa occasione per ribadire a chi lo vuole seguire che il cammino per diventare suoi discepoli è costellato di fallimenti che vanno gestiti non seguendo la logica della ritorsione ma quella della compassione e della mitezza. 

Con il battesimo anche noi abbiamo ricevuto l’adozione a Figli di Dio e, con essa, il mandato di essere messaggeri del Vangelo per preparare all’incontro con Cristo. Essere un buon cristiano significa scegliere di camminare ogni giorno con Gesù e dietro a Lui. Camminare con Gesù implica il fatto di assumere il suo punto di vista e unire la propria volontà alla sua affinché sia santificato il nome di Dio e si realizzi il Suo Regno. Il cammino con Gesù ci educa alla vera libertà intesa come emancipazione da ogni forma di paura: paura della povertà, della solitudine, della morte. Stare con Gesù non ci mette al riparo dallo sperimentare la precarietà, il dolore del distacco, l’angoscia della sofferenza, perché tutte queste cose appartengono alla vita. Eppure, dice Gesù, siamo chiamati a salire con Lui ad altezze più ardite che si raggiungono attraversando insieme a Lui le prove della vita.

Signore Gesù, Figlio obbediente del Padre e Profeta di giustizia, Tu che hai messo la tua vita nelle mani di Dio e ti sei lasciato guidare dall’unico intento di amarci fino alla fine, donaci il tuo Spirito perché anche noi, seguendoti sulla strada della povertà e della solidarietà fraterna, possiamo essere messaggeri di speranza e di pace. Correggi i nostri egoismi che ci fanno preferire le comodità piuttosto che il bene comune, guarisci la presunzione di salvarci da soli, sana l’arroganza di farci giudici degli altri usando indebitamente il Tuo nome. La tua Parola scomodi il nostro cuore e lo metta in crisi affinché impari a lasciarsi orientare dal vero amore e non dalle sue contraffazioni. Fa che il nostro cammino di fede non sia deviato dalla logica dell’utilitarismo e del carrierismo, ma che diventi una reale esperienza di crescita umana e spirituale. La Chiesa sia palestra di santità nella quale uomini e donne si esercitino ad essere nel mondo in cui vivono attrattori e costruttori del regno di Dio.