IN QUESTA NOTTE IL BUIO RISPLENDE COME LUCE – PASSIONE DI GESÙ SECONDO MARCO – LECTIO DIVINA
Struttura del racconto
La preparazione della Pasqua 14,1-50
Il banchetto di Betania
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– verso la Pasqua e gli Azzimi vv. 1-2
– il segno: l’unzione con nardo vv. 3-9
– il tradimento di Giuda vv. 10-11
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Il banchetto pasquale
– la Pasqua e gli Azzimi vv. 12-16
– Il segno del pane e il calice vv. 17-25
– La fuga e il rinnegamento: Pietro e gli altri vv. 26-31
Il compimento
– la consegna nelle mani del Padre vv. 32-42
– la consegna nelle mani dei peccatori vv. 43-50
Il mistero pasquale 14,51-16,8
A. nel cuore del racconto della passione e morte di Gesù 14,51-52
B. La condanna 14,53-15,24
– la condanna del Sinedrio 14,53-65
– il rinnegamento di Pietro 14,66-72
– Pilato e i soldati 15, 1-24
C. la morte 15, 25-37
– l’ora terza vv. 25-32
– l’ora sesta v.33
– l’ora nona vv. 34-37
B1. Il riscatto 15, 38-47
– il centurione vv. 38-41
– Giuseppe d’Arimatea vv.42-45
– Le donne vv.46-47
A1. Nel cuore del racconto della risurrezione di Gesù 16, 1-8
Il racconto della Passione si divide in due parti, la preparazione (14, 1-50) e il compimento della Pasqua (14, 51-15,47. 16, 1-8). La prima parte è scandita in tre momenti (1-11. 12-31. 32-30) dairiferimenti temporali alla festa della Pasqua e degli Azzimi tracciando il progressivo avvicinamento dell’ora che inaugura il mistero pasquale di Gesù. Ognuno di questi momenti è contraddistinto da un gesto dalla forte carica simbolica: l’unzione della donna di Betania, il pane spezzato e il vino versato, il bacio di Giuda. Nel primo quadro narrativo la volontà omicida delle autorità e il loro incontro con Giuda incorniciano la scena del segno profetico che annuncia il compimento della volontà divina. Il destino che attende Gesù non dipende dalla cattiveria umana, sebbene la subisca, ma risponde ad un disegno superiore che intende coltivare il seme del vangelo affinché possa espandersi in tutto il mondo. Il messaggio viene ripreso nell’intimità del dialogo tra Gesù e i suoi discepoli. In un clima mesto, tipico del congedo, Gesù presenta ai suoi amici le tre grandi prove che lo attendono da lì a poco: il tradimento di uno di loro, lo scandalo generale e il rinnegamento. Dalle parole di Gesù si evince che questi eventi segnano il compimento delle Scritture che parlano di lui.
Quanto più marcato è il fallimento del discepolato dei Dodici quanto più evidente è la gratuità del dono di Gesù espresso nel gesto di offrire il pane e condividere il calice. Nella terza scena nella sequenza degli eventi cresce la tensione tra la ricerca di solidarietà da parte di Gesù e la distanza dei discepoli, il conforto della preghiera e il silenzio del Padre, il dono confidente del Maestro e il bacio traditore di Giuda, la consegna di se stesso nelle mani dei nemici e la fuga dei discepoli. Gesù entra solo nel mistero della sua passione, morte e risurrezione: il Figlio dell’uomo è totalmente consegnato nelle mani degli uomini.
L’evangelista riserva una cura particolare alla narrazione del Mistero pasquale. Il racconto, che si sviluppa in una serie di triadi di brani, è incorniciato da due episodi in cui appare un giovane (14, 51-52 e 16, 5-7), personaggio che troviamo solo nella narrazione di Marco. La croce (15, 25-37) è al centro della trama e culmine del graduale processo di spogliazione a cui è sottoposto Gesù dal momento in cui viene consegnato nelle mani degli uomini. La fuga del giovane nel Getsemani inaugura la passione nella quale i discepoli, fuggendo dal luogo in cui si sta consumando il dramma dell’innocente perseguitato, abbandonano il Maestro. La nudità del giovinetto è un segno profetico che funge da chiave di lettura dei fatti che seguono in maniera incalzante, fino alla morte in croce di Gesù. Solo e nudo, si consegna al Padre in piena obbedienza alla sua volontà. Questo sarà il punto di svolta della storia che non termina con la morte di Gesù e neanche con la (tardiva) confessione del centurione, ma culmina con l’annuncio pasquale.
Infatti, la funzione narrativa del giovane continua nella tomba vuota dove ritorna in scena, questa volta rivestito di una veste bianca. Ciò che gli uomini gli avevano strappato via sembra essergli restituita dalla mano divina (come suggerisce il passivo “teologico” del verbo rivestire). Il silenzio nella notte della consegna cede il posto all’annuncio che con la risurrezione di Gesù Dio ha portato a compimento il suo piano di salvezza per il mondo intero. L’intervento di Dio non viene semplicemente a riparare un danno ma a far fruttificare il seme della Parola di vita posto nel cuore di Gesù e, mediante lui, in quello di ciascun uomo. I drammi e gli sconvolgimenti che costellano la vita di ogni persona non sono prove inviate da Dio ma ciascuna di essa è un’occasione nella quale poter sperimentare la sua potenza che educa l’uomo all’amore vero, quello che porta frutto. Il giovane è il simbolo di Gesù, discepolo del Padre.
Il verbo all’imperfetto, «seguiva», indica il cammino di Gesù guidato dalla parola del Padre. Arriva il momento cruciale della notte nel quale la Parola diventa silenzio e nella solitudine totale si fa la scelta di fondodella propria vita: rinunciare a sé stessi per donarsi a Dio. La nudità è una condizione, prima coperta dalla «sindone» e poi evidente. La nudità è la condizione originaria dell’uomo, ovverocome Dio ha da sempre pensato la sua creatura. Il corpo nudo è quello che è uscito dalle mani di Dio che lo ha «tessuto nel grembo materno». Il vestito ha un duplice significato, protettivo, da un lato, ed esplicativo, dall’altro.
Il vestito protegge dai pericoli esterni e, al contempo, rivela la identità sottostante. Nel Getsemani il giovinetto che segue Gesù assiste al suo arresto e coloro che lo hanno catturato vorrebbero afferrare anche lui, che invece fugge via nudo. L’autorità che esercita il suo potere su Gesù, inerme e solo, vorrebbe anche mettere le mani sui discepoli. Essi nella persecuzione rivivono il dramma del loro Maestro che, pur avendo la possibilità, non si sottrae. La fuga del giovinetto sembra essere in contraddizione con l’atteggiamento passivo di Gesù. In realtà, la sua fuga rivela che la mitezza è la prima forma di fuga e di rifiuto dalla logica della vendetta per entrare definitivamente in quella dell’amore che si traduce nella totale consegna di sé al Padre.
La fuga del giovane è la «fuga mundi» per trovare rifugio in Dio che nel silenzio della morte pronuncia l’unica e vera parola che fa vivere. Gesù rinuncia ad ogni forma di autodifesa e autosalvezza per farsi prossimo ad ogni persona vittima dell’ingiustizia perpetrata da chiunque abbia la presunzione di mettersi al posto di Dio. Gesù attraversa il dramma dell’umiliazione e della morte perché, illuminato dalla Parola di Dio che conserva nel cuore, egli crede fermamente che più forte del peccato, di cui subisce le conseguenze, è l’amore di Dio che ha promesso di liberarlo per costituirlo erede del suo trono di gloria.
Il tema della veste attraversa tutto il racconto della passione. Si va dalla veste del sommo sacerdote che si straccia da sé in segno di scandalo per quello che ha udito dalla bocca di Gesù, alla veste di porpora fatta indossare al condannato dai soldati che lo dileggiano, per poi tirarla a sorte tra loro, fino a giungere al velo del Santo dei Santi che nell’ora della morte di Gesù la mano divina lacera da cima a fondo lasciando ormai scoperto il cuore del tempio che da quel momento non è più nascosto, ma visibile a tutti. La nudità del corpo di Gesù, da motivo di vergogna e di paura, diviene il segno più eloquente della rivelazione dell’amore di Dio.
La veste strappata, quella usata per deridere il condannatoe spartita col sorteggio, il velo del tempio lacerato sono immagini che suggeriscono l’idea del dramma che innesca la crisi della croce. Tuttavia, al centro di tutto vi è il corpo di Gesù che, benché ferito e umiliato, diviene il ponte e il luogo dell’incontro tra Dio e l’uomo. La grande frattura operata dal peccato che divide, vienericomposta con il dono che del suo corpo ha fatto Gesù al Padre. L’ultimo atto di Gesù sulla croce è il dono dello Spirito.
Il giovane ricompare rivestito di una veste splendente nella tomba vuota. Si può cogliere un nesso tra il velo del tempio e la pietra del sepolcro. Entrambi sono d’impedimento accesso. La morte e la risurrezione di Gesù non sono due momenti diversi ma due aspetti dell’evento della Pasqua. La morte di Gesù inaugura una vita nuova non più caratterizzata dall’opacità dei rapporti ma dalla chiarezza della comunione nella quale Gesù introduce. Le donne entrano nel sepolcro, non per compiere i riti tradizionali come quelli che il sommo sacerdote faceva oltrepassando il velo del tempio, ma per ascoltare l’annuncio di salvezza col quale si proclama la nuova ed eterna alleanza.
Come nel Santo dei Santi c’era uno spazio vuoto così nel sepolcro orami spalancato non c’è il corpo di Gesù. Il sepolcro vuoto rimanda al nuovo tempio che è il corpo di Gesù Cristo. Il cadavere del crocifisso non è visibile perché Gesù è vivo con un corpo vivificato e vivificante. La veste splendente del giovane è il segno visibile del corpo di Cristo che non è più sotto la schiavitù della morte e che è stato liberato dai suoi vincoli corruttivi per diventare un corpo glorioso. Negli inferi della solitudine Gesù ha pregato facendosi voce di tutti gli uomini vittime del peccato mortifica con le armi dell’inganno e della paura. Gesù prega mosso dallo Spirito che ha ricevuto fin dal momento del suo battesimo nel fiume Giordano.
A questa preghiera di lamentazione e piena di fiducia, le cui espressioni sono prese dal Sal 22, il Padre risponde risuscitando il Figlio per mezzo dello Spirito. Il suo corpo, libero dalla corruzione della morte diviene un corpo spirituale da cui si irradia la luce dell’amore di Dio. L’annunzio pasquale del giovane è una parola di speranza che invita a non rimanere attaccati a ricordi che avviliscono e amareggiano ma a riprendere il cammino per portare il vangelo ovunque regni la paura e domini la tenebra della tristezza.
Commento a cura di don Pasquale Giordano
Vicario episcopale per l’evangelizzazione e la catechesi e direttore del Centro di Spiritualità biblica a Matera
Fonte – il blog di don Pasquale “Tu hai Parole di vita eterna“