don Pasquale Giordano – Commento al Vangelo del 23 Luglio 2023

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Chi più pretende meno comprende

Lunedì della XVI settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)

Dal libro dell’Èsodo Es 14,5-18

Sapranno che io sono il Signore, quando dimostrerò la mia gloria contro il faraone.

In quei giorni, quando fu riferito al re d’Egitto che il popolo era fuggito, il cuore del faraone e dei suoi ministri si rivolse contro il popolo. Dissero: «Che cosa abbiamo fatto, lasciando che Israele si sottraesse al nostro servizio?». Attaccò allora il cocchio e prese con sé i suoi soldati. Prese seicento carri scelti e tutti i carri d’Egitto con i combattenti sopra ciascuno di essi.

Il Signore rese ostinato il cuore del faraone, re d’Egitto, il quale inseguì gli Israeliti mentre gli Israeliti uscivano a mano alzata. Gli Egiziani li inseguirono e li raggiunsero, mentre essi stavano accampati presso il mare; tutti i cavalli e i carri del faraone, i suoi cavalieri e il suo esercito erano presso Pi Achiròt, davanti a Baal Sefòn.

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Quando il faraone fu vicino, gli Israeliti alzarono gli occhi: ecco, gli Egiziani marciavano dietro di loro! Allora gli Israeliti ebbero grande paura e gridarono al Signore. E dissero a Mosè: «È forse perché non c’erano sepolcri in Egitto che ci hai portati a morire nel deserto? Che cosa ci hai fatto, portandoci fuori dall’Egitto? Non ti dicevamo in Egitto: “Lasciaci stare e serviremo gli Egiziani, perché è meglio per noi servire l’Egitto che morire nel deserto”?». Mosè rispose: «Non abbiate paura! Siate forti e vedrete la salvezza del Signore, il quale oggi agirà per voi; perché gli Egiziani che voi oggi vedete, non li rivedrete mai più! Il Signore combatterà per voi, e voi starete tranquilli».

Il Signore disse a Mosè: «Perché gridi verso di me? Ordina agli Israeliti di riprendere il cammino. Tu intanto alza il bastone, stendi la mano sul mare e dividilo, perché gli Israeliti entrino nel mare all’asciutto. Ecco, io rendo ostinato il cuore degli Egiziani, così che entrino dietro di loro e io dimostri la mia gloria sul faraone e tutto il suo esercito, sui suoi carri e sui suoi cavalieri. Gli Egiziani sapranno che io sono il Signore, quando dimostrerò la mia gloria contro il faraone, i suoi carri e i suoi cavalieri».

Il passaggio

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Dopo un primo momento in cui il faraone cede alla richiesta degli Israeliti, il suo cuore si fa ancora più duro e, pentendosi del permesso concesso, dispiega tutta la sua forza militare. Sembra che si vergogni per quello che ai suoi occhi appare un chiaro segno di debolezza. Vuole rimediare al suo errore inseguendo un manipolo di persone inermi come se fosse un temibile esercito da combattere. In realtà, quella del faraone è una sfida lanciata a Dio davanti al quale non intende apparire in alcun modo inferiore.

In questo consiste l’ostinazione del cuore. Se da una parte la ribellione è alimentata dall’orgoglio ferito, dall’altra è generata dalla paura, come nel caso del popolo che rimprovera Mosè. Egli è profeta perché parla a Dio a nome del popolo e davanti al popolo per conto di Dio. Al grido di dolore e angoscia Dio risponde invitando ad avere fede per non essere schiavi della paura. La fede è la prima forma di libertà nella quale si sperimenta l’emancipazione da qualsiasi condizionamento interiore.

La fede è obbedienza alla parola di Dio che è possibile quando si antepone la verità, ovvero la Parola che guida, all’opinione personale la quale spesso alimenta il conflitto. Non si tratta di vedere per credere, perché già dieci sono stati i segni visibili e rivelatori della potenza di Dio), ma di credere per vedere, ovvero sperimentare la gloria di Dio. Vedere significa entrare in un rapporto di reciproca appartenenza. La paura acceca, mentre la fede vede oltre il buio per andare incontro a Colui che è misterioso perché non si può prendere e “comprendere”.

+ Dal Vangelo secondo Matteo Mt 12,38-42

La regina del Sud si alzerà contro questa generazione.

In quel tempo, alcuni scribi e farisei dissero a Gesù: «Maestro, da te vogliamo vedere un segno».

Ed egli rispose loro: «Una generazione malvagia e adultera pretende un segno! Ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona il profeta. Come infatti Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così il Figlio dell’uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra.

Nel giorno del giudizio, quelli di Nìnive si alzeranno contro questa generazione e la condanneranno, perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Giona! Nel giorno del giudizio, la regina del Sud si alzerà contro questa generazione e la condannerà, perché ella venne dagli estremi confini della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Salomone!».

Chi più pretende meno comprende

Il male, nascondendosi nelle intenzioni, orienta il desiderio e la ricerca. La gente che pretende di vedere un segno non è mossa da una retta intenzione o dalla consapevolezza della propria poca fede e della sua miseria, ma dal malsano bisogno di emergere sommergendo gli altri. Chi è accecato dal pregiudizio e ha la mente ottenebrata dalla diffidenza chiede dimostrazioni già convinto del fatto che, qualunque cosa l’altro faccia o dica, non cambierà idea. Colui che è rigidamente fermo sulle sue posizioni tendenzialmente è portato ad accusare gli altri riflettendo in loro la propria colpa. È paradossale chiedere un segno senza l’umiltà di lasciarsi «segnare» dall’altro.

Il giudizio è sintomo di rigidità propria di chi è refrattario allo stupore perché chiuso ermeticamente nelle sue convinzioni e non è aperto a cogliere la novità che può arricchire la sua vita e cambiarla in meglio. Eppure, i segni dell’amore di Dio sono talmente evidenti da risultare invisibili a chi ha occhi solo per sé. I segni vengono offerti non nella straordinarietà ed episodicità degli eventi ma nella ordinarietà della vita soprattutto in quella la cui forma è data dalla croce di Cristo. 

Le testimonianze delle conversioni sono credibili e autentiche quando non sono il racconto di eventi stupefacenti che hanno provocato cambiamenti repentini, ma sono la narrazione di un percorso lungo e faticoso di purificazione del cuore e di conformazione a Cristo. Il segno della croce prima che essere un gesto identificativo del cristiano è l’impronta che lascia Dio nella vita del discepolo di Cristo che lo segue fino alla fine e diventa nel mondo e nel suo tempo icona della sua misericordia che orienta verso il bene anche le esperienze più dolorose.

Commento a cura di don Pasquale Giordano
Vicario episcopale per l’evangelizzazione e la catechesi e direttore del Centro di Spiritualità biblica a Matera

Fonte – il blog di don Pasquale “Tu hai Parole di vita eterna