don Pasquale Giordano – Commento al Vangelo del 23 Luglio 2020

Affidabili perché radicati in Cristo

SANTA BRIGIDA DI SVEZIA

«Io sono la vite vera, il Padre mio l’agricoltore … e voi i tralci» l’immagine della vite e dei tralci serve a Gesù per spiegare ai suoi discepoli che la relazione che s’instaura tra di loro è di vitale importanza a tal punto che aggiunge: «senza di me non potete far nulla». La fede, in quanto relazione personale con Gesù, non può ridursi né a generiche convinzioni, né a sporadiche pratiche religiose. La fede è parte integrante della vita e del suo processo di crescita. L’allegoria della vite e dei tralci conferma il detto antico latino «la natura non fa salti» perché ogni persona dal suo concepimento fino al morire intraprende un percorso di maturazione la cui fecondità molto dipende dalla relazione con Dio. Come il frutto rivela la vitalità della pianta, così per il discepolo di Cristo le sue opere di carità testimoniano se è vivo o morto. Nel Libro dell’Apocalisse Dio dice alla comunità cristiana di Sardi: «Conosco le tue opere; ti si crede vivo e invece sei morto» (3,1).

Il processo di maturazione è scandito da tempi ben precisi che culminano in quello della fruttificazione o della recisione. È il tempo del giudizio che spetta a Dio il quale nell’ora finale raccoglie i frutti dai tralci fecondi o taglia quelli morti perché infruttuosi. Ma prima dell’ora finale c’è il tempo della purificazione o potatura. Essa avviene attraverso la Parola di Dio che come forbice viene ad eliminare ciò che impedisce lo sviluppo fecondo della nostra vita. Ci sono tante cose che c’ingolfano e non permettono di concentrarci sull’essenziale. Presi da tante preoccupazioni dissipiamo il nostro potenziale di cura verso cose secondarie. 

Il tempo della purificazione è quello che dedichiamo all’ascolto quotidiano della parola di Dio e alla sua assimilazione affinché possiamo distinguere ciò che ci aiuta a raggiungere i nostri veri obiettivi e ciò che invece sono di ostacolo. La parola di Dio ci aiuta a chiarire gli obbiettivi della vita e a concentrare le nostre forze per raggiungerli. 

Da qui l’esortazione che Gesù rivolge ai discepoli: «Rimanete in me e io in voi». La fede è relazione con Dio che porta, non solo ad una unificazione interiore tale da integrare tutte le facoltà verso il bene, ma contestualmente a vivere una comunione profonda con Gesù in modo tale che ciò che appartiene a lui passa nel discepolo. La Parola di Dio non va ascoltata distrattamente come chi passa davanti allo specchio e si guarda di sfuggita, ma va custodita nel cuore come faceva Maria. In questo modo lo Spirito d’amore che fa di Gesù un dono offerto all’uomo rende fecondo anche il credente che lo fa abitare stabilmente in lui. Rimanere è sinonimo di abitare, quindi di una relazione stabile nel tempo, non occasionale. 

In un mondo in cui l’ansia e la paura sono alimentate dalla precarietà e dall’incertezza il credente radica la sua vita in Cristo, si unisce a Lui nell’ascolto della sua Parola e nella condivisione della missione di amare. Ben preparato, diventa fecondo nel bene profuso nell’impegno educativo, sociale, ecclesiale. 

La Parola di Dio ci unisce più intimamente a Dio e al contempo sostiene la quotidiana fatica di purificazione interiore affinché le nostre parole e azioni costruiscano una comunione fraterna stabile e feconda, segno nel mondo che Dio rimane sempre un punto di riferimento saldo e affidabile.

Auguro a tutti una serena giornata e vi benedico di cuore!


Commento a cura di don Pasquale Giordano
FonteMater Ecclesiae Bernalda
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