Commento a cura di don Pasquale Giordano
La parrocchia Mater Ecclesiae è stata fondata il 2 luglio 1968 dall’Arcivescovo Mons. Giacomo Palombella, che morirà ad Acquaviva delle Fonti, suo paese natale, nel gennaio 1977, ormai dimissionario per superati limiti di età… [Continua sul sito]
Per la via della Carità si giunge alla verità
Mentre Gesù insegna nel tempio di Gerusalemme, che aveva chiamato «casa di mio Padre», gli conducono una donna scoperta in flagrante adulterio. Lo mettono alla prova per dimostrare che è un traditore della Legge. Una donna viene strumentalizzata e la sua situazione usata per screditare Gesù. S’invoca la Legge per fare del male. La vera domanda che invece dovremmo porci davanti al peccato è un’altra: come interpretare la giustizia di Dio? Con quale spirito affrontiamo le ingiustizie? Quale approccio abbiamo con chi è nell’errore?
Come avviene nelle controversie, anche in questo caso Gesù non risponde direttamente. Si china a scrivere per terra con il dito. Davanti all’insistenza degli accusatori si alza e rivolgendosi a loro li invita a procedere con la condanna a morte ma solo dopo aver verificato nel proprio cuore di essere senza peccato. Gesù ci rimanda alla nostra coscienza perché prima di giudicare e condannare una persona dovremmo riconoscere il peccato, soprattutto quello dell’invidia che abita dentro di noi. Ci risulta più spontaneo accusare gli altri che noi stessi perché tendenzialmente siamo portati a servirci della denuncia del peccato per accusare il peccatore e pur di non riconoscere il nostro peccato vestiamo i panni della vittima. Rimarrà sempre un mistero quello che Gesù scrive per terra. Ma il suo significato mi pare evidente. Egli si china sulla nostra umanità povera e debole come la polvere della terra. Si piega verso di noi per firmare col sangue il patto di amicizia fondato sulla misericordia. Gesù parla stando in piedi, da giudice, per richiamare la legge fondamentale della giustizia che non è finalizzata alla condanna del peccatore ma a convertire la sua vita. Anche rivolgendosi alla donna Gesù parla da giudice misericordioso. Non è caduta l’accusa del peccato, ma la condanna della peccatrice; perché oltre alla condanna cada anche l’accusa, la donna, riconoscendo il suo peccato, rinunci all’amore malato e abbracci quello che dà la vera vita.
Signore Gesù, giudice misericordioso, donami lo Spirito della verità perché possa riconoscere e confessare il mio peccato. Perdona la mia intransigenza morale dietro cui si nasconde la resistenza a lasciarmi perdonare e a perdonarmi. Guidami nella via della carità per giungere alla verità. Umilia il mio orgoglio che mi fa ergere a giudice spietato e accusatore impietoso dei miei fratelli. Orienta il mio cuore verso i peccatori perché, riconoscendoli fratelli, possa inginocchiarmi per servirli. Per essi voglio essere il tuo dito che scrive sul loro cuore: «Il mio diletto è per me e io per lui».