don Pasquale Giordano – Commento al Vangelo del 22 Maggio 2020

Il cammino della speranza: dall’immersione nel dolore al battesimo nella Gioia

Venerdì della VI settimana di Pasqua

La metafora del parto risponde all’interrogativo che l’uomo si pone mentre è immerso nel dolore e nella tristezza: perché subire l’ingiustizia, perché essere privati del bene? Sperimentare il dolore di una malattia con la conseguente perdita di autonomia oppure la scomparsa di una persona cara con ripercussioni sulla gestione economica e sugli equilibri di una famiglia, significa essere “battezzati”, cioè immersi del dolore e nella tristezza. Questa è la condizione che accomuna tutti gli uomini che sulla terra faticano lavorando la terra con il sudore della fronte e mettono al mondo i figli soffrendo le doglie del parto. I discepoli di Cristo non sono esenti dalle tribolazioni del mondo e dalle prove che la vita riserva. La domanda che emerge dal cuore ferito spesso si eleva come un grido verso Dio che non è sordo al gemito e al pianto soprattutto dei più poveri. 

Il tempo del dolore e della tristezza non è il tempo della punizione. Più volte Gesù ripete che non è venuto a condannare ma a salvare. Dio non ci salva dal dolore ma nella sofferenza. La salvezza è l’accompagnamento di Dio nel passaggio dall’essere immersi nel dolore all’essere rivestiti di gioia. È un cammino di liberazione come quello della partoriente che viene “liberata”. Paolo nella Lettera ai Romani usa la stessa immagine del parto per parlare del camino di rigenerazione che tutta la creazione sta compiendo guidato dallo Spirito. Come una donna affronta il dolore del parto pregustando la gioia di dare alla luce il proprio figlio, così l’uomo vive la condizione della sofferenza come un passaggio necessario nel quale bisogna lasciarsi guidare dallo Spirito di Dio incontro al Padre e non dallo spirito del mondo che invece tende a mantenere le cose ferme o induce alla nostalgia del passato e alla tentazione di tirarsi indietro. Afferma l’Apostolo: «Tutta insieme la creazione geme e soffre le doglie del parto fino ad oggi. Non solo, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo. Nella speranza infatti siamo stati salvati» (Rm 8, 22-24). Il cammino dell’uomo è costellato di difficoltà, imprevisti, prove, cadute, ma i figli di Dio, che si lasciano guidare dallo Spirito di Dio, vivono le tribolazioni con la speranza. La speranza per san Paolo è nell’attesa non semplicemente che passi il momento, che si sistemino le cose, che si creino situazioni migliori, oppure che si ritorni come prima. La speranza cristiana è l’ardente aspettativa che si compia la rigenerazione interiore, la liberazione del cuore, la redenzione del nostro corpo grazie al quale la nostra attenzione non è più rivolta al possesso dei beni terreni, ma alla conquista del bene celeste, la vita eterna promessa da Dio. Lo Spirito Santo mette nel cuore del cristiano la speranza di diventare figlio di Dio. Non si tratta di una condizione di privilegio o di dominio ma del modo di vivere nel mondo come segno di consolazione. Come Gesù venendo nel mondo porta la luce, così il figlio di Dio, attraverso le sofferenze viene alla luce per diventare nuova creatura e riflettere nel proprio corpo la bellezza dell’amore e della libertà. 

La gioia non è l’emozione conseguente all’ottenimento di ciò che si desidera, ma è la sovrabbondanza dell’amore che si dona senza riserva, condizionamenti e paure. La gioia dell’amore donato con generosità diviene il tesoro che ci appartiene per sempre e che nessuno potrà rubarci. La speranza dell’amore di Dio e la gioia di donalo senza misura rendono il volto del discepolo di Cristo luminoso e bello.

Auguro a tutti una serena giornata e vi benedico di cuore.


Commento a cura di don Pasquale Giordano
FonteMater Ecclesiae Bernalda
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