Non espulsi dal mondo ma generati a vita nuova
Lunedì della XVI settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)
Gli scribi e i farisei sono l’emblema di quella parte del popolo eletto che presume di essere migliore degli altri e si erge a giudice. Gesù viene sottoposto ad un esame perché dimostri la sua vera identità e l’autorità. Si perpetua il peccato d’Israele, quello commesso nel deserto in cui, al pari dei pagani, alcuni hanno messo alla prova Dio mormorando contro di Lui e pretendendo un segno. La malvagità sta nell’ergersi a giudici degli altri venendo meno al primo dei comandamenti: ascoltare. Chi giudica parla senza ascoltare. Chi parla senza ascoltare passa dalla parte dell’accusatore a quello dell’accusato e i giudici diventano coloro che invece hanno accolto la parola di Dio traducendola in conversione. Gesù cita gli abitanti di Ninive e la regina del Sud, simbolo dei “lontani” che hanno compiuto un percorso di conversione facendosi veri discepoli della Parola.
Gesù è il segno che Dio dà a tutti perché si convertano, cioè si lascino incontrare da Lui e riconciliarsi. È il segno più grande del profeta Giona e del re Salomone perché Gesù è la stessa parola di Dio che, se accolta nel cuore, cambia la vita. Gesù, Maestro e Signore, si è fatto obbediente e servo della volontà del Padre per il bene degli uomini. L’ autorevolezza del suo insegnamento gli viene dal fatto che egli vive quello che predica. Gesù per primo si è fatto discepolo della Verità e Servo della Parola di Dio.
Il giudizio, che parte dal pregiudizio, come quello degli scribi e dei farisei, è un’arma diabolica che produce separazione, divisione, contrapposizione e confusione. Gesù non è venuto a condannare ma a salvare l’uomo. La sua autorità risiede nell’amore divino che non cerca l’uomo per puntargli il dito o tendergli tranelli, ma per unirsi a lui totalmente e integralmente. Giona rimase tre giorni nel ventre della balena perché il cetaceo fungesse da barca per raggiungere i Niniviti a cui Dio lo mandava e verso i quali il profeta non voleva andare. Gesù profetizza la sua sepoltura nella terra che non è semplicemente ventre che espelle, ma è grembo che genera. Infatti Gesù, al contrario di Giona, non viene costretto ad andare ad evangelizzare gli abitanti di Ninive, ma liberamente e per amore si consegna nelle mani dei peccatori per essere ucciso, consapevole che solo attraverso la morte in croce avrebbe potuto raggiungere ogni uomo e sanarlo porgendogli la Parola della Salvezza. I tre giorni indicano non tanto un tempo cronologico quanto il fatto che Dio porta a compimento la sua promessa di salvezza. In Gesù Dio viene incontro ad ogni uomo per offrirgli la sua amicizia. Chi l’accetta vede la sua vita trasformata. Con Gesù la nostra esistenza terrena non si conclude con l’espulsione dal ventre come se venissimo vomitati, ma la nostra vita giunge a compimento come quando l’utero materno si apre per dare alla luce una creatura nuova.
Auguro a tutti una serena giornata e vi benedico di cuore!
Commento a cura di don Pasquale Giordano
La parrocchia Mater Ecclesiae è stata fondata il 2 luglio 1968 dall’Arcivescovo Mons. Giacomo Palombella, che morirà ad Acquaviva delle Fonti, suo paese natale, nel gennaio 1977, ormai dimissionario per superati limiti di età… [Continua sul sito]