La mia preghiera è differente – Martedì della I settimana di Quaresima
Dal libro del profeta Isaìa (Is 55,10-11)
La mia parola opera ciò che desidero.
Così dice il Signore:
«Come la pioggia e la neve scendono dal cielo
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e non vi ritornano senza avere irrigato la terra,
senza averla fecondata e fatta germogliare,
perché dia il seme a chi semina
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e il pane a chi mangia,
così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca:
non ritornerà a me senza effetto,
senza aver operato ciò che desidero
e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata».
Fecondità
Con questa immagine tratta dalla sapienza popolare Dio vuole assicurare che la sua Parola è efficace perché genera processi vitali. L’uomo di sempre ha cercato di conoscere il futuro e si è rivolto a veggenti per carpire i segreti nascosti del proprio destino.
Dio, rivelandosi, smonta l’idea del “fato” a cui gli uomini sarebbero sottomessi. Egli parla all’uomo del suo progetto di amore di farci felici; per questo ci ha creati: perché potessimo essere i destinatari del suo amore. Questo è il desiderio di Dio. La Sua volontà custodisce il nostro vero bene.
La Parola, come l’acqua che secondo la cosmologia antica era raccolta nei serbatoi del cielo, era dapprima “nascosta” nel pensiero silenzioso di Dio e poi manifestata agli uomini quale dono dall’Alto. Come la pioggia e la neve anche la Parola scende silenziosa per irrigare la terra, renderla morbida e materna.
La Parola ci rende fecondi nel bene, avvia processi di crescita e fruttificazione, inaugura cicli di vita. La Parola di Dio quando penetra nel cuore dell’uomo lo rende simile a Dio perché diventa capace di opere buone nelle quali c’è la luce e il sapore della santità di Dio.
+ Dal Vangelo secondo Matteo Mt 6,7-15
Voi dunque pregate così.
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Pregando, non sprecate parole come i pagani: essi credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele chiediate.
Voi dunque pregate così:
Padre nostro che sei nei cieli,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno,
sia fatta la tua volontà,
come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano,
e rimetti a noi i nostri debiti
come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori,
e non abbandonarci alla tentazione,
ma liberaci dal male.
Se voi infatti perdonerete agli altri le loro colpe, il Padre vostro che è nei cieli perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe».
L’insegnamento di Gesù sulla preghiera ci invita a verificare innanzitutto non come o cosa preghiamo ma quale immagine di Dio portiamo nel cuore e quindi con quale dio ci relazioniamo. Quello dei pagani è la proiezione del proprio io desideroso di lusinghe e gratificazioni. Crediamo che Dio sia come noi, ben disposto verso quelle persone che si presentano con elogi e apprezzamenti o con doni. Da qui l’ammonimento di Gesù a imparare da lui a pregare e ad abbandonare idee ed espressioni di religiosità che sono estranei alla vera fede cristiana.
La preghiera insegnata da Gesù è il modo con il quale egli ci educa a cambiare modo di approccio a Dio. La preghiera cristiana è differente perché non dobbiamo essere come i clienti che devono convincere il padrone a dare ciò che spetta loro, ma come figli che si aprono ad accogliere ciò che il Padre già mette a loro disposizione perché sa che ne hanno bisogno. La preghiera non è la chiave per aprire il forziere del tesoro di Dio o il modo per convincerlo ad essere benevolo con noi, ma è ciò che apre il nostro cuore di figli per ricevere la grazia necessaria per vivere e per amare.
L’altra differenza della preghiera sta nel soggetto che la fa: non si tratta dell’individuo, ma della comunità dei fratelli. Dio non gradisce la performance di solisti ma la preghiera corale nella quale ognuno unisce la sua voce a quella dei fratelli per formare un’unica armonia.
La terza differenza sta nel non pregare per sé o perché si venga aiutati a raggiungere i propri obbiettivi e realizzare i propri progetti, ma la preghiera diventa richiesta di ottenere ciò che è necessario affinché si possa collaborare alla realizzazione della volontà di Dio. Il pane quotidiano non serve per saziarsi, ma per dar da mangiare agli affamati. Il perdono non serve a cancellare i peccati, ma ad essere liberi dalle catene del risentimento per poter donare ai fratelli la gioia del perdono.
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Commento a cura di don Pasquale Giordano
Vicario episcopale per l’evangelizzazione e la catechesi e direttore del Centro di Spiritualità biblica a Matera
Fonte – il blog di don Pasquale “Tu hai Parole di vita eterna“