don Pasquale Giordano – Commento al Vangelo del 20 Febbraio 2022

739
Commento a cura di don Pasquale Giordano
FonteMater Ecclesiae Bernalda
La parrocchia Mater Ecclesiae è stata fondata il 2 luglio 1968 dall’Arcivescovo Mons. Giacomo Palombella, che morirà ad Acquaviva delle Fonti, suo paese natale, nel gennaio 1977, ormai dimissionario per superati limiti di età… [Continua sul sito]

La misericordia è la misura alta della gioia

Nella valle si sono radunati donne e uomini per ascoltare Gesù. La pianura non è solo un dato geografico ma indica la condizione terrena che accomuna tutti gli uomini. S. Paolo parla dell’uomo terreno, tratto dalla terra e fatto di terra, che ha un corpo animale in cui abita lo Spirito di Dio grazie al quale è essere vivente, sin dal momento del concepimento. Egli è creato non perché rimanga terreno ma per divenire “uomo celeste”, ovvero spirituale, capace di dare la vita.

L’ “uomo terreno” produce e si riproduce mentre l’ “uomo celeste” è reso figlio di Dio e generatore di altri figli di Dio. Nella pagina del Vangelo Gesù, il Figlio dell’Altissimo, come lo ha chiamato l’angelo prima che venisse concepito nel grembo di Maria per opera dello Spirito Santo, ovvero l’ “Uomo celeste” diventato “uomo terreno”, parla ai suoi fratelli, “uomini terreni”, indicando la strada per diventare “uomini celesti” simili a lui.

La povertà, la fame, il dolore fisico e psichico ci danno la misura della nostra umanità così fragile, precaria e sterile. Eppure, Gesù rivolgendosi ai poveri, agli afflitti, agli affamati, ai perseguitati, alle vittime di ogni umana ingiustizia ha annunciato che Dio è con loro, li accompagna, li sostiene, li aiuta, li nutre, li difende se essi, confidando in Lui, si lasciano amare.

Chi confida in Dio sperimenta il dono della pace nel cuore. Dal Crocifisso, l’uomo la cui immagine è deturpata dalla violenza verbale e fisica, e nel quale ogni povero si rispecchia, Dio fa scaturire il dono dello Spirito che trasforma il dolore in amore, la morte in vita. Gesù non salva sé stesso e gli altri dalla morte, ma attraverso la morte. Solo l’amore salva perché l’amore ha un enorme potere trasformante e generativo. Già, ma di quale amore parliamo. Gesù invita a puntare su un amore più grande, quello con il quale Dio ama il Figlio e anche noi. È un amore incondizionato e gratuito.

Il peccato dell’uomo è quello di “misurare” l’amore di Dio usando criteri propriamente terreni che si ispirano al principio della reciprocità e del guadagno. Se manteniamo queste misure così ristrette anche la grazia di Dio, sebbene abbondante, sarà minima. La durezza con la quale giudichiamo, la diffidenza con cui ci approcciamo agli altri, la pretesa che alimentiamo nel cuore nell’atto di offrire non un servizio ma una prestazione, sono un filtro che non permette alla grazia di Dio di fecondare la nostra vita. L’obbedienza al Vangelo, ovvero la fede, passa attraverso le opere di misericordia: fare del bene e prestare senza aspettare un contraccambio.

La ginnastica della misericordia fa sì che il cuore diventi più ricettivo della grazia di Dio e nel medesimo tempo più efficace nel trasmettere ciò che si è ricevuto. Infatti, l’amore non è semplice restituzione ma è comunicazione e tradizione. Amare i nemici, fare del bene a quelli che ci odiano, benedire chi ci maledice, pregare per coloro che ci maltrattano è possibile solo se apriamo il cuore ad accogliere, interiorizzare e mettere in pratica la Parola di Dio. Davide è un esempio di come è possibile fare propria la logica di Dio e agire secondo giustizia per invertire il senso di marcia della vendetta, affidando la propria causa a Dio.

Amare i nemici è stato tradotto innanzitutto come un atto di rispetto nei confronti di chi, sebbene rappresentasse una minaccia per la sua vita, è riconosciuto come il consacrato di Dio la cui vita apparteneva a lui. Chi si affida nelle mani di Dio è certo che, se anche sembra essere in pugno ai più forti, il Suo amore è più forte. Davide risulta essere più debole rispetto a Saul e al suo esercito ma non confida nella fortuna di avere l’occasione per farsi giustizia da sé ma coglie l’opportunità di insegnare al re invidioso che con la mitezza si esercita il vero potere regale che è quello di dare la vita, non di toglierla. 

Signore Gesù, Maestro mite e umile di cuore, insegnaci a saper ascoltare la voce del Padre al di là delle grida di chi ci attacca e ci condanna. Aiutaci a non alimentare le polemiche e a non fomentare le guerre. Ispiraci il coraggio di contrastare con la carità le derive delle ingiustizie. Illumina i nostri occhi perché possiamo vedere nel nemico che ci odia un povero d’amore da amare. Disarma la nostra mano per renderla strumento della tenerezza e della cura verso i bisognosi di affetto. Donaci la mitezza per lottare contro il male fatto dai cattivi affinché la sapienza del Vangelo, predicato con le opere di misericordia, converta il cuore dei peccatori e orienti le loro scelte di vita per la costruzione di una comunità fondata sull’amore fraterno.