don Pasquale Giordano – Commento al Vangelo del 2 Novembre 2023

280

Cielo e terra uniti nella preghiera d’intercessione e di suffragio

COMMEMORAZIONE DI TUTTI I FEDELI DEFUNTI (Messa I)

Dal libro di Giobbe Gb 19,1.23-27

Io lo so che il mio redentore è vivo.

Rispondendo Giobbe prese a dire:

- Pubblicità -

«Oh, se le mie parole si scrivessero,

se si fissassero in un libro,

fossero impresse con stilo di ferro e con piombo,

- Pubblicità -

per sempre s’incidessero sulla roccia!

Io so che il mio redentore è vivo

e che, ultimo, si ergerà sulla polvere!

Dopo che questa mia pelle sarà strappata via,

senza la mia carne, vedrò Dio.

Io lo vedrò, io stesso,

i miei occhi lo contempleranno e non un altro».

La visione di Dio

Giobbe, uomo giusto e timorato di Dio, subisce molte prove sotto le quali rimane saldo nella fede. Eppure, essa appare più come una accettazione rassegnata degli eventi nei quali si manifesta una forza divina superiore alle sue capacità umane. Nonostante le sue opere giuste egli non scampa dai colpi inferti dalla sventura. Essi non intaccano solo il suo patrimonio ma il suo corpo e la sua identità. Ci sono domande drammatiche sepolte sotto la coltre di una giustizia fondamentalmente basata sulle proprie forze.

Esse, come il magma di un vulcano che improvvisamente si sveglia, escono da un cuore che viene ferito dalle affermazioni teologiche dei suoi amici che lo invitano a riconoscere in sé stesso la colpa che lo ha condannato alla sofferenza mortale. Il dialogo teologico si trasforma in disputa che dal piano umano si sposta a quello divino. Giobbe passa da uno stato di passiva quiescenza ad una battaglia per difendere la sua rettitudine morale, fino a giungere a ingaggiare una lite con Dio chiamato in giudizio perché gli dia conto del suo comportamento nei suoi confronti. Giobbe cerca la giustizia secondo i suoi criteri.

Dio lo educa a cercare la verità per scoprire che c’è un progetto di amore molto più grande delle aspettative mondane calibrate sulle capacità umane. La gloria mondana, prodotta dalle opere degli uomini, è fugace e provvisoria, mentre quella di Dio è solida ed eterna perché fondata sul suo ineffabile e fedele amore. La fede di Giobbe, un tempo basata sulle sue opere di giustizia, diventa umile obbedienza della Parola di Dio che gradualmente introduce nel grande mistero del suo amore.

La vita non appare più come un enigma ma come un luminoso mistero, un progetto di vita, un cammino verso la pienezza della vita, la Casa di Dio, che attraversa la strada aperta in mezzo macerie delle false speranze e delle ingannevoli illusioni. Il cammino della santità comporta un graduale svuotamento del proprio io, l’impoverimento dell’avidità e il depotenziamento dell’orgoglio con la sua carica di aggressività affinché dall’io mortificato possa nascere il noi della vera fede e dell’amore che spinge a donarsi e perdonarsi gli uni gli altri.

Credere in Dio vuole dire vivere in Lui e far vivere Lui in noi.

+ Dal Vangelo secondo Giovanni Gv 6,37-40

Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno.

In quel tempo, Gesù disse alla folla:

«Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me: colui che viene a me, io non lo caccerò fuori, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato.

E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno.

Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno».

Cielo e terra uniti nella preghiera d’intercessione e di suffragio

Nella festa di Ogni Santi ci siamo uniti al coro degli angeli e dei santi per lodare e ringraziare Dio insieme a loro. Nella preghiera facciamo festa perché ringraziamo il Signore, gli chiediamo perdono per i nostri peccati e supplichiamo il suo aiuto. A tutti i Santi abbiamo chiesto d’intercedere per noi affinché la sovrabbondanza di amore, che scorre come fiumi nel cielo, possa raggiungere noi pellegrini sulla terra permettendoci di ravvivare nel cuore il dono della fede e riflettere sul nostro volto per gli altri la luce dell’amore di Dio.

Oggi la preghiera assume un aspetto più mesto, ma non meno intenso e pregno di speranza. Insieme a tutti i defunti facciamo comune memoria della promessa di Gesù di farci risorgere nell’ultimo giorno. Esso non è il giorno che segna il termine della nostra vita, ma quello che inaugura il fine della nostra esistenza e il compimento del nostro cammino. Infatti, non siamo nati per morire ma per vivere da risorti come Gesù Cristo e insieme a Lui.

La preghiera, in particolare l’eucaristia, è il memoriale del passaggio dalla morte alla vita di Gesù a cui Egli associa tutti coloro che credendo si uniscono al Lui. La commemorazione non è dunque un semplice ricordo dei nostri defunti, ma un’occasione d’incontro con loro in Gesù e fare comunione. Egli, infatti, è il ponte che permette la comunicazione d’amore tra il cielo e la terra, tra l’aldilà e l’aldiquà.

La preghiera di suffragio è ringraziamento per il dono dei nostri fratelli e sorelle che ci hanno preceduto nella Casa del Padre, è invocazione umile e corale della misericordia che riconcilia i peccatori e risana le ferite delle umane debolezze, ed è richiesta di aiuto affinché la Luce eterna possa splendere come consolazione per i defunti e per noi, pellegrini sulla terra, come segno di speranza.

Commento a cura di don Pasquale Giordano
Vicario episcopale per l’evangelizzazione e la catechesi e direttore del Centro di Spiritualità biblica a Matera

Fonte – il blog di don Pasquale “Tu hai Parole di vita eterna