La fecondità dello Spirito – Venerdì della VIII settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)
Dal libro del Siràcide Sir 44,1.9-13
I nostri padri furono uomini di fede, e le loro opere giuste non sono dimenticate.
Facciamo ora l’elogio di uomini illustri,
dei padri nostri nelle loro generazioni.
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Di altri non sussiste memoria,
svanirono come se non fossero esistiti,
furono come se non fossero mai stati,
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e così pure i loro figli dopo di loro.
Questi invece furono uomini di fede,
e le loro opere giuste non sono dimenticate.
Nella loro discendenza dimora
una preziosa eredità: i loro posteri.
La loro discendenza resta fedele alle alleanze
e grazie a loro anche i loro figli.
Per sempre rimarrà la loro discendenza
e la loro gloria non sarà offuscata.
Testimoni di fede
Dopo aver benedetto Dio, cantando le meraviglie della creazione, Ben Sira passa a benedire quegli uomini che, obbedendo al Signore, sono stati testimoni della sua gloria. Il Sapiente non evoca semplicemente l’epopea di uomini che si sono resi illustri per le loro opere, ma si fa eco del loro annuncio fatto con la vita intrisa di fede. Chi guarda questi uomini accoglie la loro testimonianza di fede e ne raccoglie l’eredità per coltivarla e rilanciarla nel proprio tempo. Il Sapiente assimila lo spirito dei figli che si fanno discepoli dei maestri di vita. La loro non è adesione ad un sistema filosofico ma è la scelta di appartenere a quella generazione originata da uomini e donne che Dio ha reso fecondi per la loro fede. Il Sapiente, consapevole di aver ricevuto il dono della fede e della speranza, li considera la vera eredità da consegnare alle generazioni future.
✝ Dal Vangelo secondo Marco Mc 11,11-25
La mia casa sarà chiamata casa di preghiera per tutte le nazioni. Abbiate fede in Dio!
[Dopo essere stato acclamato dalla folla, Gesù] entrò a Gerusalemme, nel tempio. E dopo aver guardato ogni cosa attorno, essendo ormai l’ora tarda, uscì con i Dodici verso Betània.
La mattina seguente, mentre uscivano da Betània, ebbe fame. Avendo visto da lontano un albero di fichi che aveva delle foglie, si avvicinò per vedere se per caso vi trovasse qualcosa ma, quando vi giunse vicino, non trovò altro che foglie. Non era infatti la stagione dei fichi. Rivolto all’albero, disse: «Nessuno mai più in eterno mangi i tuoi frutti!». E i suoi discepoli l’udirono.
Giunsero a Gerusalemme. Entrato nel tempio, si mise a scacciare quelli che vendevano e quelli che compravano nel tempio; rovesciò i tavoli dei cambiamonete e le sedie dei venditori di colombe e non permetteva che si trasportassero cose attraverso il tempio. E insegnava loro dicendo: «Non sta forse scritto:
“La mia casa sarà chiamata
casa di preghiera per tutte le nazioni”?
Voi invece ne avete fatto un covo di ladri».
Lo udirono i capi dei sacerdoti e gli scribi e cercavano il modo di farlo morire. Avevano infatti paura di lui, perché tutta la folla era stupita del suo insegnamento. Quando venne la sera, uscirono fuori dalla città.
La mattina seguente, passando, videro l’albero di fichi seccato fin dalle radici. Pietro si ricordò e gli disse: «Maestro, guarda: l’albero di fichi che hai maledetto è seccato». Rispose loro Gesù: «Abbiate fede in Dio! In verità io vi dico: se uno dicesse a questo monte: “Lèvati e gèttati nel mare”, senza dubitare in cuor suo, ma credendo che quanto dice avviene, ciò gli avverrà. Per questo vi dico: tutto quello che chiederete nella preghiera, abbiate fede di averlo ottenuto e vi accadrà. Quando vi mettete a pregare, se avete qualcosa contro qualcuno, perdonate, perché anche il Padre vostro che è nei cieli perdoni a voi le vostre colpe».
La fecondità dello Spirito
Sullo sfondo di questa pagina del vangelo c’è il tempio di Gerusalemme, meta del pellegrinaggio di Gesù e di ogni pio Israelita. Avrebbe dovuto essere la «casa di preghiera per tutti i popoli», come aveva promesso Isaia, invece era diventato «un covo di ladri», come aveva denunciato già il profeta Geremia. L’insegnamento di Gesù spiega con le parole dei profeti il gesto della cacciata dei mercanti dal tempio che suscita l’irritazione delle autorità religiose e la loro determinazione ad ucciderlo. La scena centrale è racchiusa da altre due nella quali il protagonista è un albero di fichi, prima pieno di foglie ma senza frutti e poi seccato fin dalla radice. Alla luce di ciò che è descritto nella scena centrale appare chiaro che il fico rappresenta il tempio, ma più in generale la religiosità ebraica poggiata sul culto del santuario di Gerusalemme. Nella fame di Gesù c’è il desiderio di Dio di gustare i frutti della giustizia operata dagli uomini e invece non trova altro che appariscenza senza contenuto, riti senza pietà, culto senza fede. La maledizione di Gesù non è una condanna, ma è la rivelazione di ciò che accade quando non si matura nella fede, si coltiva l’apparenza e la esteriorità, senza prendersi cura della propria vita spirituale. Come un corpo senza anima è morto e si corrompe, così la fede senza lo Spirito Santo che la vivifica e la rende feconda si condanna alla sterilità e a spegnersi.
Gesù si avvicina all’albero e cerca frutti pur sapendo che non è il tempo dei fichi. Questo potrebbe giustificare un probabile rimprovero rivolto a Dio con il quale ci lamentiamo perché sembra esigere da noi quello che mai saremmo in grado di dargli o più di quello che siamo capaci di offrirgli. In realtà non chiede a noi la preghiera come se fosse una tassa da pagare, ma desidera che essa sia esperienza intensa e vera di relazione d’amicizia e di amore con Lui grazie alla quale possiamo portare frutto di opere buone in ogni tempo. La preghiera non è un dovere da compiere ma un’esigenza dello Spirito che mi mette in sintonia con Dio per avvertire con Lui la fame e la sete di giustizia. La preghiera fatta con fede è quella che crede perché desidera ardentemente che si compia la volontà di Dio. La parola di Dio non solo esprime la verità, ossia il volere di Dio, ma anche realizza quello che dice. Chi, conoscendo la volontà di Dio, prega perché essa si compia si mette a servizio del suo progetto d’amore e porta frutti di giustizia in ogni tempo, anche in quello della vecchiaia. Così si realizza la parola di Dio che dice: «anche nella vecchiaia porteranno frutti».
Commento a cura di don Pasquale Giordano
Vicario episcopale per l’evangelizzazione e la catechesi e direttore del Centro di Spiritualità biblica a Matera
Fonte – il blog di don Pasquale “Tu hai Parole di vita eterna“