don Pasquale Giordano – Commento al Vangelo del 2 Agosto 2023

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Chi cerca Dio ritrova sé stesso

Mercoledì della XVII settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)

Dal libro dell’Èsodo Es 34,29-35

Vedendo che la pelle del suo viso era raggiante, ebbero timore di avvicinarsi a Mosè.

Quando Mosè scese dal monte Sinai – le due tavole della Testimonianza si trovavano nelle mani di Mosè mentre egli scendeva dal monte – non sapeva che la pelle del suo viso era diventata raggiante, poiché aveva conversato con il Signore.

Ma Aronne e tutti gli Israeliti, vedendo che la pelle del suo viso era raggiante, ebbero timore di avvicinarsi a lui. Mosè allora li chiamò, e Aronne, con tutti i capi della comunità, tornò da lui. Mosè parlò a loro. Si avvicinarono dopo di loro tutti gli Israeliti ed egli ingiunse loro ciò che il Signore gli aveva ordinato sul monte Sinai.

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Quando Mosè ebbe finito di parlare a loro, si pose un velo sul viso. Quando entrava davanti al Signore per parlare con lui, Mosè si toglieva il velo, fin quando non fosse uscito. Una volta uscito, riferiva agli Israeliti ciò che gli era stato ordinato.

Gli Israeliti, guardando in faccia Mosè, vedevano che la pelle del suo viso era raggiante. Poi egli si rimetteva il velo sul viso, fin quando non fosse di nuovo entrato a parlare con il Signore.

Rivelazione e contemplazione

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La legge è luce che rischiara la strada della vita che si percorre. Mosè, portatore della Legge, è anche illuminatore perché lui stesso illuminato da quella luce che lo rende luminoso. Aronne e gli Israeliti alla vista di questo misterioso evento avvertono timore perché si rendono conto del fatto che esso non è solo un prodigio ma una manifestazione divina. Come Dio aveva fatto con Mosè, anche lui rassicura i suoi e si fa latore dei suoi ordini. I comandi del Signore non sono gravosi e umilianti ma dolci e luminosi perché dati affinché chi li mette in pratica possa essere felice e vivere a lungo.

La luce richiama la prima creatura nella quale rifulge la gloria di Dio. Essa si oppone alle tenebre, segno del caos che è frutto della competizione degli elementi primordiali in lotta tra loro per il dominio. La luce, dunque, è il segno rivelativo della presenza e dell’azione di Dio che si manifesta come parola che crea e dà vita.

Il velo sul volto di Mosè significa che l’insegnamento della Torà non è la manifestazione piena della gloria di Dio. Mosè toglieva il velo solo nella tenda del convegno stando alla presenza di Dio. Gesù, presenza visibile di Dio, toglie il velo dal nostro cuore perché, purificato dal suo sangue, possa contemplare il suo volto risplendente di gloria.

+ Dal Vangelo secondo Matteo Mt 13,44-46

Vende tutti i suoi averi e compra quel campo.

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli:

«Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo.

Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra».

Chi cerca Dio ritrova sé stesso

Mediante la parabola Gesù insegna che la fede è esperienza d’incontro con Dio, nascosto nella nostra vita come il tesoro nel campo. L’uomo che incontra Dio trova sé stesso, scopre la bellezza nascosta nella sua esistenza che in apparenza sembra monotona e sterile, ma che invece è ricca perché abitata dalla Grazia. L’uomo che fa una tale scoperta mette in sicurezza il tesoro nascondendolo perché altri non se ne approprino. La scoperta è l’apertura degli occhi che vedono la realtà in maniera diversa.

Con Dio vediamo il nostro corpo come il modo attraverso il quale custodire il tesoro delle relazioni. Le persone ci appaiono preziose non in base ad una valutazione effettuata secondo il criterio dell’utile, ma perché custodi esse stesse della ricchezza di Dio. La fede ispira atteggiamenti di cura che custodiscono e proteggono le relazioni personali dai pericoli.

Al contrario, il giudizio, la distanza affettiva, il non volersi coinvolgere nelle relazioni e il non voler investire in esse, porta a deteriorarle fino ad annullarsi. L’amore si corrompe se non viene custodito e protetto. Chi ha incontrato Dio e lo ha scoperto dentro di sé, perché Lui ne ha fatto la sua dimora, non può separare il tesoro dal campo, il Santo dal consacrato, la Parola dal profeta ma rinuncia a ogni cosa che fino a quel momento costituiva la sua unica certezza per puntare tutto sull’acquisto del campo. Non si può amare, dando tutto noi stessi, se non abbiamo la piena padronanza della nostra vita.

Per raggiungere questo punto è necessario rinunciare a tutto ciò che, messo a paragone con l’amore, è riconosciuto nulla. Vendere tutto non significa rinunciare alla libertà ma vuol dire raggiungere il suo livello più alto perché è quando si dona tutta la vita per Dio che la si riceve centuplicata da Lui.

Commento a cura di don Pasquale Giordano
Vicario episcopale per l’evangelizzazione e la catechesi e direttore del Centro di Spiritualità biblica a Matera

Fonte – il blog di don Pasquale “Tu hai Parole di vita eterna