don Pasquale Giordano – Commento al Vangelo del 18 Aprile 2023

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Abbassarsi nel servizio per scalare le vette della libertà
Martedì della II settimana di Pasqua

Dio onnipotente,
donaci di proclamare la potenza del Signore risorto,
per possedere in pienezza
i doni che abbiamo ricevuto come pegno di vita nuova.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.

Dagli Atti degli Apostoli (4, 32-37)

La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un’anima sola e nessuno considerava sua proprietà quello che gli apparteneva, ma fra loro tutto era comune.

Con grande forza gli apostoli davano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù e tutti godevano di grande favore.

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Nessuno infatti tra loro era bisognoso, perché quanti possedevano campi o case li vendevano, portavano il ricavato di ciò che era stato venduto e lo deponevano ai piedi degli apostoli; poi veniva distribuito a ciascuno secondo il suo bisogno. Così Giuseppe, soprannominato dagli apostoli Bàrnaba, che significa “figlio dell’esortazione”, un levìta originario di Cipro, padrone di un campo, lo vendette e ne consegnò il ricavato deponendolo ai piedi degli apostoli.

La condivisione dei beni combatte la povertà, la comunione nel bene arricchisce la comunità

Luca descrive la comunità dei credenti in Cristo come un corpo che ha una molteplicità di membra ma un unico cuore e un’unica anima. Da questa immagine si percepisce la vocazione della Chiesa di essere una realtà viva, flessibile, calda per essere nel mondo canale di comunicazione della forza della risurrezione del Signore Gesù. Attraverso la carità fraterna è resa visibile la sua indole comunionale la cui origine risiede nella relazione d’amore trinitaria che unisce il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Il nome proprio della Chiesa è comunione che non va confusa con un generico senso di accordo.

La comunione è lasciare l’io possessivo, accentratore, autoreferenziale per abbracciare il noi della condivisione, della solidarietà, dell’inclusione. Vendere ciò che si possiede significa far cessare ogni legame di dipendenza dalle cose e conferire loro il giusto valore strumentale. I beni materiali non sono indispensabili per una vita felice. Ciò che rende la vita bella è la condivisione dei beni perché il loro possesso non è considerato come un fine ma come uno strumento per assumersi la propria parte di responsabilità nel venire incontro ai bisogni dei più poveri. Gli apostoli, che hanno il compito di discernere i vari bisogni, sono amministratori dei beni che ricevono affinché siano ridistribuiti in maniera equa.

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Il ministero degli apostoli nella Chiesa è finalizzato all’uguaglianza tra i suoi membri perché ognuno possa sentirsi alla pari nella fraternità. La prassi della comunione-condivisione s’ispira agli eventi narrati anche nei vangeli nei quali Gesù, attraverso gli apostoli, sfama una moltitudine di gente accettando i cinque pani e due pesci offerti da una persona, benedicendoli e spezzando i pani per essere distribuiti a tutti. Essere strumento di comunione significa accogliere tutti come una benedizione e creare spazi e situazioni di condivisione non solo dei beni materiali ma anche dei beni spirituali.

Perché la condivisione sia veramente comunione è necessario che al dono ricevuto corrisponda la responsabilità personale di farsi dono. Sicché da una visione sociologica possiamo assumerne una più profonda, propria della fede, per la quale non ci si accontenta di combattere la povertà ma ci si impegna ad arricchire la comunità di amore fraterno.

+ Dal Vangelo secondo Giovanni Gv 3,7-15

Ci ha rigenerati per una speranza viva, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti.

Sia benedetto Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che nella sua grande misericordia ci ha rigenerati, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una speranza viva, per un’eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce. Essa è conservata nei cieli per voi, che dalla potenza di Dio siete custoditi mediante la fede, in vista della salvezza che sta per essere rivelata nell’ultimo tempo.

Perciò siete ricolmi di gioia, anche se ora dovete essere, per un po’ di tempo, afflitti da varie prove, affinché la vostra fede, messa alla prova, molto più preziosa dell’oro – destinato a perire e tuttavia purificato con fuoco –, torni a vostra lode, gloria e onore quando Gesù Cristo si manifesterà. Voi lo amate, pur senza averlo visto e ora, senza vederlo, credete in lui. Perciò esultate di gioia indicibile e gloriosa, mentre raggiungete la mèta della vostra fede: la salvezza delle anime.

La speranza dei vivi

Risorgendo dai morti, Gesù ci dona lo Spirito grazie al quale da moti, per il peccato, diventiamo viventi. Egli, infatti ci fa partecipi della eredità che Lui stesso ha ricevuto dal Padre. Proprio perché riceve dal Padre lo Spirito, che dà la vita, Egli può a sua volta effonderlo sugli uomini rendendoli figli di Dio. Questa dignità è un dono gratuito che riceviamo per la bontà di Dio ma è anche ciò che orienta le nostre scelte di vita affinché questa speranza si compia in pienezza. A cosa tende l’uomo che accoglie lo Spirito Santo da Gesù risorto? Ad abitare nella Casa del Signore, ovvero fare famiglia con Lui nella piena comunione.

La vita terrena dell’uomo è posta tra la Pasqua del Battesimo, quando è posto nel cuore il seme della santità, è la Pasqua finale con la quale si fa ingresso nella vita eterna. In mezzo c’è il cammino della fede nel quale lo Spirito santo guida il battezzato all’apprendimento della volontà di Dio e lo sostiene affinché, attraverso le prove della vita, possa aderirvi in piena libertà. La vocazione alla santità richiede che si affermi ogni giorno il proprio amen a Dio.

Anche se non si ha un’esperienza sensibile di Dio, la fede, quanto più si purifica dalle illusioni e aspettative mondane, tanto più aiuta il credente ad amarLo, ad occhi chiusi ma con cuore e mente aperta. Amare non significa cercare prove, ma desiderare di incontrare Dio per accoglierlo e donarsi a Lui. Anche se i sensi devono abbandonare la pretesa di afferrare un mistero che trascende le umane capacità di comprensione, tuttavia, il cuore che cerca il volto di Dio lo trova nei fratelli verso i quali riversa lo stesso amore con cui vorrebbe toccare il Signore.

+ Dal Vangelo secondo Giovanni Gv 20,19-31

Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo.

In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Non meravigliarti se ti ho detto: dovete nascere dall’alto. Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va: così è chiunque è nato dallo Spirito».

Gli replicò Nicodèmo: «Come può accadere questo?». Gli rispose Gesù: «Tu sei maestro di Israele e non conosci queste cose? In verità, in verità io ti dico: noi parliamo di ciò che sappiamo e testimoniamo ciò che abbiamo veduto; ma voi non accogliete la nostra testimonianza. Se vi ho parlato di cose della terra e non credete, come crederete se vi parlerò di cose del cielo? Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna».

Come nessuno si genera da solo così nessuno può essere veramente libero da solo. La libertà è la condizione che vive chi «nasce dall’alto», ovvero è generato da Dio. La parola di Gesù non è quella di un uomo qualsiasi che esprime la sua idea ma è autorevole perché ha la forza di formare in noi l’immagine di Dio e, mediante l’azione dello Spirito, di farci suoi figli. Nascere dall’alto significa partecipare della stessa eredità e della medesima missione di Gesù che è sceso dal cielo in mezzo a noi diventando uno di noi e, offrendo liberamente la sua vita, è stato innalzato nel cielo perché in esso sia fissata la nostra dimora definitiva.

Gesù prospetta a Nicodemo un cammino di rinascita, un itinerario di libertà. La strada della libertà è la via dell’amore che comporta un abbassamento e un innalzamento. Nella logica dell’amore di Dio il vertice della gloria si raggiunge quando Gesù tocca il punto più basso della morte. La libertà non si identifica con l’emancipazione dagli altri ma dal peccato che rende schiavi. In senso positivo la libertà si esprime nella scelta di abbassarsi facendosi piccolo con i piccoli per essere innalzato dalla mano del Signore.

Lo spirito del mondo ci istiga ad arrampicarci e a scalare, magari usando le spalle degli altri, ad approfittare per guadagnare. Lo spirito del mondo aguzza l’ingegno perché possiamo sfruttare ogni situazione a nostro vantaggio non cambiando nulla di quello stile di vita che confonde il necessario col superfluo, il vizio con il diritto.

Lo Spirito di Dio ci fa camminare sulla via della libertà che è in discesa, non perché è più comoda, ma perché ci costringe a guardare chi sta peggio di noi, ci fa accorgere di quello che sta più in basso. Rinascere o risorgere dalla nostra miseria è possibile nella misura in cui, prendendo consapevolezza della comune condizione di povertà con i nostri fratelli, attueremo non strategie competitive ma avremo atteggiamenti pregni di compassione e solidarietà.

Lo Spirito Santo svela l’illusione ottica: la via di Dio, quella del servizio, in apparenza umiliante ci dà l’impressione di precipitare in basso, ma in realtà è la via dell’amore che conduce in alto verso il Cielo.

LEGGI LA PREGHIERA DEL GIORNO

Commento a cura di don Pasquale Giordano
Vicario episcopale per l’evangelizzazione e la catechesi e direttore del Centro di Spiritualità biblica a Matera

Fonte – il blog di don Pasquale “Tu hai Parole di vita eterna