I primi saranno gli ultimi e gli ultimi saranno primi
Sabato fra l’Ottava di Pasqua
Gesù non finisce mai di stupire, anche da risorto. Quando giunse il momento di costituire la nuova famiglia di coloro che dovevano stare con lui e poi sarebbero stati inviati a predicare, chiamò a sé quelli che volle. I criteri di scelta sono misteriosi, cioè non rispecchiamo le categorie umane. L’uomo, che guarda l’apparenza, avrebbe scelto uomini forti, istruiti, affidabili, esperti, mentre Dio sceglie quelli che nel mondo disprezza per affidare a loro la missione di annunciarlo. Anche in questo caso Gesù sceglie Maria di Magdàla e altri due contadini per rivelare che egli è vivo e affida loro il messaggio per i suoi che però oppongono un netto rifiuto. La durezza di cuore, stigmatizzata da Gesù nei confronti degli Undici, è l’ostacolo più grande alla loro fede, ma è anche la ragione ultima del loro rifiuto non solo opposto agli annunciatori, ma a Gesù stesso.
Maria e i due discepoli non sono creduti perché gli Undici non accettano il fatto di non essere stati i primi. Essi devono ricordare che come sono stati i primi ad abbandonare Gesù nella passione, così diventano gli ultimi a godere della sua visita. La risurrezione non è il rammendo allo strappo della morte e parimenti non è il colpo di spugna sugli sbagli degli apostoli. Essi, piuttosto, sono raggiunti dal Risorto che li rimprovera per la loro incredulità come aveva fatto anche prima della passione. Essi non sembrano per nulla cambiati ancora radicati in ragionamenti che nulla hanno a che fare con la novità del vangelo. Dopo la passione, terminato il tempo del pianto e del lutto, stando a mensa, pretendono di potersi organizzare e pianificare la loro vita a prescindere dalla nuova condizione di Gesù e con l’illusione che per essere suoi discepoli basti perpetuare la memoria del maestro ripetendo ritualmente i suoi gesti e le sue parole.
Gesù parla attraverso quelli che gli uomini escludono. Essi nella Chiesa vivono la stessa dinamica di Gesù, pietra scartata dai costruttori, che però è scelta da Dio. Non credere all’annuncio che i poveri portano alla chiesa, significa scartare ancora una volta ciò che Dio ha scelto. Spesso, l’orgoglio che ci anima, ci induce a pensare in base ai criteri di merito e di primato.
L’umiltà nell’accogliere i piccoli che Dio ha scelto e ha inviati ad annunciare alla Chiesa il vangelo è condizione per vivere la missione non secondo i nostri criteri, per i quali saremmo portati più a replicare schemi collaudati e a rimanere tra le mura dei cenacoli sicuri, ma secondo quelli di Dio che ci invita ad uscire verso il mondo per proclamare il vangelo ad ogni creatura, senza restrizioni, filtri o pregiudizi.
Auguro a tutti una serena giornata e vi benedico di cuore!