Commento a cura di don Pasquale Giordano
La parrocchia Mater Ecclesiae è stata fondata il 2 luglio 1968 dall’Arcivescovo Mons. Giacomo Palombella, che morirà ad Acquaviva delle Fonti, suo paese natale, nel gennaio 1977, ormai dimissionario per superati limiti di età… [Continua sul sito]
Lunedì della V settimana di Pasqua
L’Amore di Dio rende felice anche quello che non è facile
Tra il dire ad una persona «ti amo» e l’amarla veramente c’è un abisso. Dichiarare il proprio amore per l’altro è molto più facile che amare concretamente. Se Gesù ci chiedesse: Tu mi ami? Noi prontamente diremmo di sì, perché magari lo pensiamo ogni tanto, qualche volta lo preghiamo, capita di ascoltare qualche sua parola detta dal prete o dalla catechista. Ma se ci lasciassimo interrogare: «tu, come mi ami?» forse approfondiremmo il nostro modo di amare e ci renderemmo conto, come Simon Pietro, che in realtà a Gesù siamo affezionati, gli vogliamo bene come ad un amico caro, oppure semplicemente ne apprezziamo l’insegnamento e le sue opere, ma non di più.
Nella vita concreta, quando si tratta di passare dal sapere al fare, sorgono i problemi. Gesù ha consegnato ai suoi discepoli il comandamento dell’amore fraterno. Tutti sappiamo quanto sia difficile metterlo in pratica. Diventa impossibile quando non lo prendiamo in considerazione come criterio ispiratore delle nostre scelte di vita, ma invece ci lasciamo guidare da altri valori, come quello dell’utile, del guadagno o del “risparmio”. Si tratta di un amore a tempo determinato, nel senso che, venendo meno l’interesse, finisce anche il sentimento.
Essere consapevoli dei nostri limiti non deve indurci a gettare la spugna e non provare ad amare i fratelli come Gesù ha fatto con noi e ci ha comandato di fare. «Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama». Chi ama, ci prova, tenta, si sforza, si cimenta, si avventura. So di non sapere amare, ma m’impegno ad amare accettando la sfida che Gesù mi lancia. Questo certamente comporta delle ferite, degli errori che si pagano a caro prezzo. Ma, anche se imperfettamente e con poche prospettive di successo, comunque bisogna avventurarsi, si devono provare le molte strade dell’amore. Se qualche strada s’interrompe, ne cerchiamo un’altra o chiediamo a Dio di indicarcene una o addirittura di costruirla noi stessi.
Tuttavia, è anche vero quello che dice Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola». Chi prova ad amare, anche se cade tante volte e altrettante volte si rialza e ricomincia, impara sempre di più ad amare e si rende disponibile a lasciarsi amare e abitare dal Padre.
Amare per il discepolo non significa solo avvertire un sentimento ma compiere un cammino ascetico nel quale esercitarsi a fare per il fratello e la sorella la parte di Dio Padre. Amare per Dio significa abitare con gli uomini, porre la sua casa tra le nostre, condividere gioie e dolori, ma anche essere per l’uomo luce, conforto, sostegno, speranza. Ascoltando la Parola di Dio e accogliendola nel cuore, apriamo il nostro spirito a ricevere lo Spirito Santo. Egli ci forma interiormente perché l’amore di Dio possa essere annunciato nella forma pratica della carità fraterna.
Signore Gesù, Tu che bussi alla porta del mio cuore, fa che possa aprirlo per ascoltare la tua Parola ed essere istruito dallo Spirito Santo. La sua dolce forza vinca le paure che armano il cuore e lo rendono duro e refrattario all’azione della Grazia. Rinnova in noi il dono della fede ricevuta nel Battesimo affinché, amando ciò che comandi e desiderando ciò che prometti, fra le vicende del mondo siano fissi i nostri cuori là dove è la vera gioia.