Commento a cura di don Pasquale Giordano
La parrocchia Mater Ecclesiae è stata fondata il 2 luglio 1968 dall’Arcivescovo Mons. Giacomo Palombella, che morirà ad Acquaviva delle Fonti, suo paese natale, nel gennaio 1977, ormai dimissionario per superati limiti di età… [Continua sul sito]
Servire con amore per amare con gioia
«È il Signore che sta passando proprio qui, e quando passa tutto si trasforma …». Sono le parole di un canto che ci permette di cogliere il cuore del messaggio di questa domenica. La pagina del vangelo, infatti, propone il primo dei segni attraverso il quale Gesù mostra la sua gloria e i suoi discepoli iniziano a credere. Il contesto è quello di una festa di nozze che si svolge a Cana di Galilea dove si sta celebrando la nascita di una famiglia.
È presente Gesù con la madre, che rappresenta la sua famiglia di origine, e i suoi discepoli, i quali appartengono alla comunità che si sta costituendo attorno al Maestro. Gli invitati non sono solo fruitori della festa ma diventano i protagonisti. Parimenti i servi che, non sono solo funzionari, diventano ministri della Parola, mettendola in pratica, e primi testimoni della nuova alleanza. La madre di Gesù, accorgendosi della mancanza del vino, lo fa noto al figlio che replica invitandola a riflettere sul rapporto tra loro e affermando che la sua ora ancora non è giunta. Le parole di Gesù non intendono mancare di rispetto alla madre né disinteressarsi al problema, ma invitano a passare dal piano del bisogno materiale a quello della volontà di Dio.
Infatti, l’oracolo del profeta Isaia, che leggiamo nella prima lettura, annuncia l’intenzione di Dio di «sposare» il suo popolo per unirsi intimamente ad esso e riscattarlo dalla condizione di abbandono e tristezza. Ciò che rende povera una relazione è l’assenza di Dio. Le feste si trasformano in lutti perché manca la gioia che solo la presenza di Dio può dare. Maria comprende il messaggio di Gesù e intuisce che la soluzione passa attraverso l’obbedienza alla parola di Dio. La madre esercita l’autorità non sul figlio ma sui servi. Essi sono chiamati ad obbedire alla parola di Gesù che a sua volta si fa servo della volontà del Padre.
Con fine ironia l’evangelista Giovanni presenta Gesù come lo sposo che conserva fino a quell’ora il vino migliore. L’ora a cui si accenna è quella della croce nella quale ritorna Gesù, la madre e il discepolo. Nell’ora della croce Gesù porta a compimento la volontà di Dio e il suo amore raggiunge il colmo. Il cuore del racconto risiede nei due comandi che Gesù dà ai servi. Da una parte richiamano il gesto della lavanda dei piedi e dall’altro il comandamento dell’amore. L’amarsi reciprocamente trova la sua attuazione pratica nel lavarsi i piedi gli uni gli altri. L’amore vero è servizio! Solo questo tipo di amore fa gioire il cuore.
Gesù ha dato l’esempio di come servire con amore e amare con gioia. La madre di Gesù, fattasi anche lei discepola della volontà di Dio, invita i discepoli a guardare Gesù e ad imitare il suo esempio. La parola di Gesù prima che essere un dovere da compiere è un evento da contemplare; Lui, servo del Padre e degli uomini, porta a compimento la legge di Mosè. Non c’è amore più grande di questo: dare la vita. Nel gesto di riempire le anfore di pietra fino all’orlo si rivela l’amore di Gesù per gli uomini «fino alla fine»; in quello di attingere dalle giare l’acqua diventata vino e portarne al maestro di tavola si rappresenta il dono dello Spirito Santo effuso dalla croce su tutti gli uomini simboleggiato dal sangue e acqua usciti dal costato aperto dalla lancia.
Gesù nel piano di Dio è lo sposo che, amando la sua sposa, le trasforma la vita facendola passare dalla tristezza dell’abbandono alla gioia di essere amata e resa madre. La trasformazione dell’acqua in vino avviene senza clamore ma nel silenzio e nel nascondimento che sono le due caratteristiche peculiari dell’amore di Dio per gli uomini. Credere significa essere come quei servi che obbedendo alla parola di Gesù diventano ministri della gioia dei loro fratelli. I carismi che ognuno riceve in dono dall’unico Dio diventa motivo di gioia solamente se sono praticati avendo a cuore il bene comune e non per interesse personale o per ostentazione. La gioia del vangelo passa attraverso testimoni che si lasciano trasformare dalla Parola affinché l’amore di Dio assuma la forma visibile di una vita donata con gioia.
Signore Gesù, ospite discreto delle nostre case in cui viene a mancare il vino della gioia, trasforma la nostra condizione di uomini schiavi del formalismo, vittime dell’indifferenza e della solitudine, dipendenti dalla cultura del consumo e dello scarto, ricercatori erranti di nuove emozioni. Rendici commensali festosi del banchetto eucaristico, fratelli attenti ai bisogni degli altri, servi fedeli e obbedienti alla tua parola. Tu, che ci hai amati fino alla fine e sei il modello dello sposo che ama la sua sposa perché sia sempre più bella, insegnaci a servire con amore e ad amare con gioia usando i carismi che Dio ci dona affinché la Chiesa, madre e sorella, possa far gustare a tutti la dolcezza della tua Sapienza.
Riempi i nostri cuori, duri come la pietra, del tuo Spirito d’amore che dà gusto di fraternità ai riti quotidiani della famiglia e accompagna i passi degli sposi nascenti perché, imparando da Te ad amarsi reciprocamente, possano essere testimoni credibili di speranza e ministri generosi di carità.