don Pasquale Giordano – Commento al Vangelo del 15 Giugno 2023

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Non giudici ma compagni di strada

Giovedì della X settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi 2Cor 3,15-4,1.3-6

Dio rifulse nei nostri cuori, per far risplendere la conoscenza della gloria di Dio.

Fratelli, fino ad oggi, quando si legge Mosè, un velo è steso sul cuore dei figli d’Israele; ma quando vi sarà la conversione al Signore, il velo sarà tolto.

Il Signore è lo Spirito e, dove c’è lo Spirito del Signore, c’è libertà. E noi tutti, a viso scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine, di gloria in gloria, secondo l’azione dello Spirito del Signore.

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Perciò, avendo questo ministero, secondo la misericordia che ci è stata accordata, non ci perdiamo d’animo.

E se il nostro Vangelo rimane velato, lo è in coloro che si perdono: in loro, increduli, il dio di questo mondo ha accecato la mente, perché non vedano lo splendore del glorioso vangelo di Cristo, che è immagine di Dio.

Noi infatti non annunciamo noi stessi, ma Cristo Gesù Signore: quanto a noi, siamo i vostri servitori a causa di Gesù. E Dio, che disse: «Rifulga la luce dalle tenebre», rifulse nei nostri cuori, per far risplendere la conoscenza della gloria di Dio sul volto di Cristo.

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La conversione

Paolo intravede nei suoi avversari sé stesso, prima di incontrare Gesù. Infatti, riconosce che prima della conversione la sua mente era indurita e il velo dell’orgoglio gli impediva di riflettere sul suo volto la luce della misericordia divina. Il peccato nascondeva la sua vera identità di figlio amato. Ma nell’incontro con il Risorto questo velo è stato tolto e, liberato dalla maschera dell’ipocrisia, si è lasciato illuminare dalla grazia di Dio che lo ha trasformato interiormente facendo emergere poco alla volta la bellezza che è presente in ogni uomo perché creato a immagine e somiglianza di Dio.

La missione di paolo è di annunciare il Vangelo perché sia tolto il velo dell’ignoranza dal volto dei pagani, come anche da quello dei Giudei. Non è un fatto automatico e meccanico perché richiede la responsabilità di ciascuno di liberarsi da abitudini mentali vecchie e pesanti che induriscono il cuore rendendolo impermeabile alla grazia di Dio. Chi invece si lascia illuminare da Dio diventa anche lui luminoso testimone della gloria di Dio che non vuole la morte del peccatore ma che si converta e viva.

+ Dal Vangelo secondo Matteo Mt 5,20-26

Chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio.

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:

«Io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli.

Avete inteso che fu detto agli antichi: “Non ucciderai”; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della Geènna.

Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono.

Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione. In verità io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo!».

Non giudici ma compagni di strada

«Pieno compimento della legge è la Carità» (Rm 13,10); così san Paolo sintetizza l’insegnamento di Gesù sulla giustizia la cui misura più alta è l’amore, soprattutto nei confronti del fratello divenuto nemico. Il comandamento «non ucciderai» ricorda che non siamo padroni della vita perché non siamo noi a darla e non possiamo toglierla a nessuno; al contrario siamo chiamati ad essere a servizio della vita perché noi per primi l’abbiamo ricevuta in dono.

Gesù intensifica il significato del precetto perché uccidere significa anche ferire mortalmente con le parole offensive. Gli uomini sono immagine e somiglianza di Dio non solo per quelle facoltà invisibili come l’intelligenza, la volontà e la libertà, ma anche per il fatto che ciò che è invisibile, come il pensiero, diventa palese attraverso le parole e le azioni. Il decalogo è il manuale grazie al quale ci esercitiamo a pensare, e di conseguenza anche a parlare e ad agire, come Dio.

Se dunque il fine della legge è l’alleanza tra Dio e l’uomo, allora la giustizia raggiunge la sua forma piena quando essa ricerca la riconciliazione. Le parole e le azioni di Dio rivelano il suo amore e attuano la giustizia ovvero sua ferma intenzione di mantenere con noi sempre una relazione di amicizia e di dialogo. E quando, per la sua disobbedienza, l’uomo perde la sua amicizia, Egli non lo abbandona in potere della morte, ma, nella sua misericordia, a tutti viene incontro, perché coloro che lo cercano lo possano trovare.

Gesù indica nella giustizia della misericordia il criterio che guida il fratello a cercare l’altro fratello per trovare insieme un accordo. L’amore a Dio, espresso nell’offerta cultuale e nella preghiera risulterebbe ipocrita se non fosse accompagnata dal sacrificio fatto per ottenere e dare il perdono. E questo in definitiva perché ciò che Dio gradisce di più in assoluto è la comunione fraterna.

Commento a cura di don Pasquale Giordano
Vicario episcopale per l’evangelizzazione e la catechesi e direttore del Centro di Spiritualità biblica a Matera

Fonte – il blog di don Pasquale “Tu hai Parole di vita eterna