don Pasquale Giordano – Commento al Vangelo del 13 Novembre 2022

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Cambiamento d’epoca

La pagina del vangelo si apre con la profezia della fine del tempio. L’annuncio fatto da Gesù suscita stupore e curiosità circa i tempi e i segni che riveleranno il compimento di quell’evento drammatico e gli viene chiesto di circostanziare la sua profezia. Se ci fermassimo ad una prima lettura delle parole del Maestro potremmo pensare che egli stia predicendo la distruzione del tempio, avvenuta nel 70 d. C.; tuttavia, la risposta di Gesù rivela il fatto che egli si pone su un piano diverso da quello semplicemente storico.

Il suo punto di vista è quello del Dio giusto che fa giustizia. Il linguaggio di genere apocalittico vuole rivelare il senso della storia, spesso caratterizzata dalla “follia” del male, al fine di infondere coraggio, serenità e pace in coloro che assistono e sono coinvolti nei travagli della storia dell’uomo. Il linguaggio apocalittico non ha lo scopo di anticipare i fatti ultimi futuri ma ha il compito di interpretare “il qui” e “l’oggi” alla luce del mistero di Dio, cioè del suo progetto d’amore fedele per l’uomo e per ogni sua creatura.

Ogni cosa porta in sé il suo limite e il tempo della sua conclusione. Anche le realtà più imponenti e solide, che sembrano imperiture o che si illudono di essere eterne, sono destinate a finire: è la legge della storia, è la norma del tempo a cui tutto è sottoposto! Ci sono circostanze drammatiche e dolorose che rivelano ciò che è nella natura delle cose. Guerre, rivoluzioni, conflitti, terremoti, carestie e pestilenze, sono fenomeni che costantemente si verificano nella storia abitata dal male.

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Esso si manifesta nel caos dell’ingiustizia perpetrata da chi vuole prevaricare sugli altri. La follia del potere di possedere esercita una forza distruttiva, sicché chi la esercita da una parte rivela il suo limite, dall’altro, benché possa apparire il contrario, decreta la sua distruzione e la sua fine irrimediabile. Come la natura, così anche l’uomo è capace di fare il male perché è in attesa di essere liberato dalla schiavitù del peccato dell’orgoglio che porta alla prevaricazione. L’attesa del mondo e dell’uomo che lo abita, deve mirare alla liberazione che solo Dio può attuare.

Questa liberazione dal male realizza la giustizia del Dio giusto e santo. Egli si fa piccolo, vive in tutto il limite dell’uomo e della natura fino alla morte. La sua risurrezione è inizio di una nuova creazione e una nuova vita in cui l’attesa è compiuta, Dio è tutto in tutti, e tutti sono l’uno per l’altro. La vita nuova è il bene, è l’amore che non porta a sopraffare l’altro riducendolo a sé con la forza possessiva della violenza, ma spinge a mettersi al servizio dell’altro promuovendone la vita e la dignità.

Il giorno del Signore, che il profeta Malachia descrive rovente come un forno, è la Pasqua di Gesù Cristo, che soffre, muore e risorge. Nella Pasqua Cristo distrugge la morte e inaugura il Regno di Dio, il modo nuovo di vivere, con Cristo, per Cristo e in Cristo. Il giudizio di Dio è nella sua parola che ha la forza di distruggere fino alla radice il male e inibire la prolificazione ma ha anche il potere di far crescere e fruttificare il bene. Il male appare affascinante e ha un potere seduttivo che mortifica le persone svuotandole di dignità e di umanità. Non è Dio che distrugge l’uomo ma è il male dentro di sé.

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Sottoporsi al giudizio di Dio è l’unico modo per essere liberati dal male. Chi si allontana da Dio chiudendo il suo cuore all’ascolto della Parola, muore, chi invece si pone alla sua presenza e si espone ai suoi raggi benefici, come quelli del sole, cresce forte e fruttifica. La morte di Gesù, dunque, non è più l’ultimo atto di un dramma la cui fine era già stata decretata, ma la penultima parola, comunque necessaria per pronunciare quella definitiva: Carità (vita, comunione, gioia …).

Il discepolo credente in Gesù si lascia illuminare dalla speranza che attende e che l’attende, dal Cristo crocifisso e risorto, Colui che è Principio e Fine di tutte le cose, Colui per il quale tutte la creazione esiste e sussiste. Come vive il discepolo di Gesù in mezzo a tante contraddizioni e lotte, dentro e fuori di lui? C’è chi, servo del male, specula sui drammi della povertà e la sofferenza. Facendo leva sulla paura si propone come salvatore e redentore legando a sé in un rapporto di dipendenza materiale o psicologica coloro che si lasciano irretire. Altri ancora, facendosi forti di una certa autorità, usano violenza fisica e psicologica per imporre il silenzio.

Il male, la cui forza è la paura e la violenza, altro non è che il tentativo di contrapporsi a Dio per estrometterlo dall’orizzonte esistenziale dell’uomo e della creazione tutta. La paura o l’agitazione per il futuro, che appare denso d’incognite e minaccioso, nascono da un cuore refrattario alla Parola di Dio. L’esortazione di Paolo ai Tessalonicesi è un invito alla conversione offrendo sé stesso come modello di credente che si prepara al giorno del Signore impegnandosi nel lavoro quotidiano. Chi ascolta con costanza la Parola di Dio, chi coltiva con assiduità l’amicizia con Gesù e con fiducia si lascia guidare da lui, impara a distinguere colui che è fonte e utilizzatore del male da chi annuncia e dona la vera vita e, con essa, la gioia e la serenità.

Non viene da Dio, né è da lui ispirato, il catastrofista e il negativo che diffonde attorno a sé paura e diffidenza. Il discepolo di Gesù nella prova riconosce che il suo Maestro gli è vicino; la prova diventa la situazione ottimale per accrescere l’amore verso di lui che, trovando maggior spazio nel suo cuore, dona coraggio e sapienza contro ogni avversario. Gesù si rivela non come un semplice maestro di vita o un profeta di cose future, ma come il vero Salvatore, l’autentico Liberatore e Redentore. Con Gesù attraversiamo la prova nella quale siamo a volte spogliati di tutto. Nella prova tutto si rivela nella sua precarietà e nei suoi limiti, persino gli affetti umani più cari, ma non viene meno la carità di Dio, l’amore fedele del Signore, una forza per attraversare la prova persino della morte per lasciarci rivestire da Lui della gloria che non svanisce, della bellezza che non si corrompe della vita che non muore più. 

Meditatio

Vivere il cambiamento d’epoca

Gesù, come già aveva profetizzato Geremia, annuncia la distruzione del tempio. Il tempio nella storia ha subito tante trasformazioni quante sono state le crisi che l’hanno ferito. Le vicende del tempio narrano anche le vicissitudini d’Israele che nella sua storia annovera pesanti sconfitte ma anche molti interventi divini per salvarlo. Gesù, da vero profeta, rivela che nel dramma dell’uomo si consuma anche quello di Dio. Infatti, il Signore non è un avventore distante rispetto alle vicende dell’uomo, ma ne è pienamente partecipe perché lo ama di un amore fedele ed eterno e, in quanto tale, si unisce a lui per sempre.

La distruzione del tempio è profezia della morte di Gesù culmine dell’amore di Dio che non ha risparmiato suo Figlio, ma lo ha dato per tutti noi. 

Gesù non sta rivelando nulla di misterioso, ma sta affermando un dato di fatto, diremmo una costante di questo mondo. Il prodotto dell’opera dell’uomo, fosse anche bellissimo, è destinato a finire, a consumarsi. Non serve sapere quando questo avverrà e quale segno avvertirà dell’arrivo dell’ora perché ogni momento della vita è il tempo propizio per cambiare, rinnegare l’empietà e professare la propria fede con i fatti. Il mondo vecchio basato sull’apparire, il possedere, l’accumulare porta in sé la data di scadenza. 

Non è certamente esaltante la prospettiva che Gesù offre ai suoi discepoli. D’altronde se si guarda alla vita con realismo notiamo che lo scenario prospettato dal Maestro non è distante dalle vicende che viviamo quotidianamente perché la storia degli uomini è solcata dai graffi della violenza. Essa assume la forma della persecuzione allorquando l’obbiettivo ultimo degli attacchi è Gesù stesso. Fatto segno di ogni tipo di abuso di potere, condivide la sofferenza con tutti i perseguitati per la giustizia e la pace. Gesù assicura la sua vigile presenza accanto a chi soffre per il fatto di appartenergli e di servirlo.

Il vero profeta è colui che, messo a tacere con la violenza, comunque diviene il portavoce di Dio con la sua vita capace di superare ogni barriera. Non è lui che parla ma lo Spirito che parla in lui. La parola di sapienza è elargita con la benevolenza, la mitezza e la magnanimità, caratteristiche proprie del nome di Dio. Se è vero che la fede non è una polizza assicurativa, tuttavia è altrettanto certo che è più affidabile la promessa di Dio piuttosto che le lusinghe o le minacce degli uomini. Più che combattere per convincere, Gesù chiede di resistere alle provocazioni con la forza della mitezza in nome, non della vendetta, ma del desiderio di far conoscere a tutti la bontà di Dio.

Il giorno del Signore è nel presente: ora è il tempo del cambiamento e della trasformazione, oggi è il tempo del crollo delle false utopie, delle profezie menzoniere, delle strutture di potere a danno dei più deboli. È il tempo in cui è offerta la possibilità di ricominciare a vivere non inseguendo il trend del momento, ma partecipando con Gesù alla sua morte per rivivere con Lui nella vita eterna. 

A coloro che apprezzano e lodano la mano dell’uomo capace di fare opere d’arte, ma anche di operare gravi disastri, Gesù sembra indicare la mano invisibile di Dio, che abbatte i superbi, distrugge le loro fragili opere e rialza i poveri per farli sedere sul suo trono di gloria. La mano di Dio si riconosce nella bellezza di chi si lascia edificare dal Signore come sua dimora. Chi vive il suo presente, anche se difficile e doloroso, confortato, corroborato e sostenuto dalla speranza, genera il suo futuro rimanendo fedele a Dio e perseverando nella carità fraterna. Così facendo vive nell’oggi la primizia della beatitudine del domani.

Leggi la preghiera de giorno.

Commento a cura di don Pasquale Giordano

FonteMater Ecclesiae Bernalda
La parrocchia Mater Ecclesiae è stata fondata il 2 luglio 1968 dall’Arcivescovo Mons. Giacomo Palombella, che morirà ad Acquaviva delle Fonti, suo paese natale, nel gennaio 1977, ormai dimissionario per superati limiti di età… [Continua sul sito]