don Pasquale Giordano – Commento al Vangelo del 13 Gennaio 2022

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Commento a cura di don Pasquale Giordano
FonteMater Ecclesiae Bernalda
La parrocchia Mater Ecclesiae è stata fondata il 2 luglio 1968 dall’Arcivescovo Mons. Giacomo Palombella, che morirà ad Acquaviva delle Fonti, suo paese natale, nel gennaio 1977, ormai dimissionario per superati limiti di età… [Continua sul sito]

Non fermarti a quello che senti a pelle ma ascolta ciò che suggerisce il cuore 

Il termine lebbra nel linguaggio biblico comprende varie tipologie di malattia della pelle. L’epidermide è soglia che mette in comunicazione l’esterno con l’interno del corpo, la parte interiore e invisibile della persona con quella visibile. La malattia della pelle era considerata contagiosa come il peccato che è pericoloso non solo perché aggredisce la persona ma anche chi entra in contatto con essa. La lebbra era considerata come l’atto di accusa di Dio scritto sulla pelle in modo che tutti fossero consapevoli del peccato per mantenersi a debita distanza da esso. Si comprende allora perché il lebbroso preghi di essere purificato, cioè di essere perdonato.

La lebbra, come appunto il peccato, è un male che solo Dio può sanare. La legge dell’Antico Testamento, che faceva divieto di toccare un lebbroso, esprimeva una verità che spesso oggi non è accolta: esiste il peccato, cioè il male generato dai pensieri, parole, azioni erronee. La denuncia del peccato è letta come un giudizio sulla persona, sicché molto spesso essa viene rimandata al mittente con sdegno. Il vero problema sorge quando noi stessi non riconosciamo l’evidenza del peccato scritta sulla nostra pelle, cioè nel modo pensare (male), parlare (male), agire (male).

Il corpo, sia nella sua dimensione psicologica sia in quella fisica, non mente mai. L’uomo che prega davanti a Gesù innanzitutto ascolta il suo corpo, che gli racconta il suo peccato. La guarigione può avvenire solo se si chiede aiuto e lo si accetta. Non si tratta di un male congenito, ma di una drammatica omissione nella scelta della relazione vitale con Dio. Chi si chiude alla relazione con Dio non trasgredisce tanto un comando esterno, ma si procura un male che si riverbera nelle relazioni con gli altri. Se l’origine del male è chiudersi alla relazione di aiuto, la terapia inizia col chiedere aiuto nella relazione con Dio e con i fratelli. 

Il lebbroso chiede a Gesù di purificarlo, cioè di aiutarlo a riallacciare la relazione con Dio. Gesù viene incontro ad ogni uomo proprio per questo! La compassione che Gesù prova per quell’uomo gli permette di passare dalla pelle di quell’uomo, in cui era scritta la denuncia del suo peccato, al suo cuore che mendicava aiuto nel ricominciare ad amare Dio e i fratelli. Gesù tende la mano per colmare la distanza tra Dio e l’uomo ma al tempo stesso per riaffermare la differenza che c’è tra il bene e il male.

La misericordia non trasforma il male in bene, ma colui che soffre a causa del peccato in un uomo libero dal male e gioioso nel compiere il bene. Attraverso il contatto fisico Gesù condivide la sua vita, lo Spirito Santo che lo unisce al Padre in una relazione di amore che dà pace. Toccare è più che dare! Gesù, entrando in contatto con quell’uomo, non gli dona qualcosa che poi potrà perdere, ma, purificandolo, cioè perdonandolo, lo introduce nell’amicizia con Dio che non perderà mai fino a quando non sarà lui stesso a rifiutarla di nuovo. 

Signore Gesù, come quel lebbroso vorrei vincere tutte le resistenze a presentarmi davanti a te per chiedere il tuo aiuto. La vergogna per il senso di colpa mi porta spesso a nascondermi al tuo sguardo perché pretendo di sostituire te col mio io e giudicarmi. Mi capita di fermarmi alla pelle e non ascoltare il cuore che mi dice: cerca il suo volto! Quanto è bello ascoltare la sua voce che, come il suono di un ruscello, genera in me la sete di te! Ed è allora che dal cuore nasce la mia preghiera: io lo so, tu lo vuoi, perdonami, dammi vita, abbracciami, fammi sentire il calore della tua maternità e la sicurezza della tua paternità!