Per essere vincitori bisogna saper perdere, per amore
Venerdì della X settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)
Gesù è venuto a portare a compimento la Legge e i Profeti, cioè la Parola di Dio data agli uomini perché, mettendo in pratica i comandamenti, possano vivere felici. Gesù è il sale della terra e luce del mondo che permette alla nostra vita di essere insaporita dalla fede e illuminata dalla speranza. Con Gesù la nostra vita cambia, viene trasformata fino al suo compimento, cioè fino al punto che tutto il nostro essere diventi un’offerta a Dio. Con Gesù tutto arriva a pienezza, senza di lui tutto si corrompe. Infatti, senza l’azione del sale la carne marcisce e senza luce ogni forma di vita si spegne.
Il contrario del compimento è la corruzione che prende il sopravvento nella misura in cui viene a mancare Dio nella vita. L’adulterio è una forma di corruzione che nasce dal proprio corpo per poi contagiare anche la relazione e il corpo degli altri.
Il principio della fine sta nel non accettare i propri limiti, la propria insufficienza, le proprie mancanze, le proprie debolezze come spazio per accogliere l’altro. Chi ha paura e si vergogna della propria nudità tenderà a usare gli altri come schermi per nascondersi e tentare di celare dentro di sé i suoi vuoti. La possessività, l’avidità, la gelosia, l’ansia del controllo dell’altro sono sintomi della degenerazione del nostro desiderio che non è curato con il sale della misericordia di Dio e la luce della Sua Parola.
«Ti conviene perdere …» queste parole bruciano come il sale sulla ferita e abbagliano gli occhi abituati alla penombra. Abituati, come siamo, a misurare la felicità in base al guadagno ed educati all’idea di essere vincitori ad ogni costo, accettiamo con molta difficoltà, fino al rifiuto più netto, la logica del perdere. Gesù non ci spinge verso il fallimento e alla rassegnazione di essere perdenti, ma ci indica nel perdere, cioè nel distacco che si fa offerta, il segreto della vita.
Perdere significa anche confessare il proprio peccato, cioè ciò che ostacola l’azione della Grazia in noi. Non basta riconoscere la gelosia, l’invidia, la poca fiducia, la tendenza a controllare, perché il peccato di cui ci vergogniamo lo nascondiamo e si radicalizza così profondamente da diventare quasi connaturale col nostro essere. In questo modo ci affezioniamo al nostro peccato e, pur riconoscendone la nequizia, non riusciamo a farne a meno.
La relazione matrimoniale è il modello dell’amore che richiede di essere curato con la Grazia di Dio affinché non degeneri. Nell’amore si cresce nella misura in cui s’impara a perdere e perdendo a fare spazio all’amato. Aggiungiamo felicità alla vita, e addirittura la moltiplichiamo, se impariamo a sottrarre qualcosa da ciò che ci appartiene per condividerlo con l’altro.
Dio, il Perfetto, per amore si è fatto “imperfetto” e “mancante”, si è fatto povero, perdendo suo Figlio per noi. Perdere è un atto di amore, il più alto e il più perfetto, perché è l’amore stesso di Dio. Egli ci dice: «Chi perderà la propria vita, per la mia causa, ovvero per la causa del Vangelo, la guadagnerà». Per essere vincitori bisogna saper perdere, per amore.
Auguro a tutti una serena giornata e vi benedico di cuore!
Commento a cura di don Pasquale Giordano
La parrocchia Mater Ecclesiae è stata fondata il 2 luglio 1968 dall’Arcivescovo Mons. Giacomo Palombella, che morirà ad Acquaviva delle Fonti, suo paese natale, nel gennaio 1977, ormai dimissionario per superati limiti di età… [Continua sul sito]