don Pasquale Giordano – Commento al Vangelo del 12 Agosto 2020

Il perdono è il tempo nel quale l’amore si (ri)genera

Giovedì della XIX settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)

La domanda di Pietro riflette la preoccupazione comune di evitare l’abuso di un bene importante come la pazienza. È come dire che la pazienza ha un limite e che non bisogna abusarne. A volte poniamo dei legittimi paletti per difenderci dall’abuso che gli altri possono fare della nostra benevolenza e disponibilità.

La parabola che Gesù racconta mette in ordine alcune cose. Innanzitutto, relativizza il nostro potere. Noi siamo servi, non padroni, siamo amministratori dei beni, non detentori di essi. Come tali non siamo innanzitutto creditori nei confronti di Dio, ma debitori, sempre insolventi. Nei suoi confronti non possiamo pretendere quello che ci spetta, ma chiediamo che ci venga condonato il debito, cioè che veniamo perdonati. 

Il primo servo della parabola non chiede il condono del debito, ma che il re abbia pietà di lui e che dilazioni il tempo del giudizio. Aggiunge una promessa che entrambi sanno essere irrealizzabile: ti restituirò tutto il debito. La compassione di Dio supera la supplica del servo che è sciolto dal debito, ma non dal suo dovere di essere buon amministratore. Il perdono è l’occasione che Dio ci offre per amministrare ciò che si è ricevuto non per se stessi ma per il bene degli altri.

I servi della parabola sono fratelli tra loro accomunati dall’aver contratto un debito difficile da restituire, o impossibile, e dalla preghiera rivolta al creditore perché non lo giudichi subito. Il servo che si rivelerà malvagio si trova nella duplice condizione di debitore e di creditore, mentre il re è solo creditore e l’altro servo è solo debitore. Così ciascuno di noi non è mai solo debitore o creditore, ma l’uno e l’altro, siamo debitori a Dio del dono infinto dell’amore e siamo creditori nei confronti degli altri fratelli di qualcosa che ha un valore infinitamente inferiore a ciò che gratuitamente abbiamo ricevuto. 

Come il re, Dio supera il nostro limite e non solo sposta il temine del giudizio, ma lo annulla creando spazi di libertà e di rinascita. Ciò che Dio si aspetta da noi è la rinuncia al giudizio e alla paura che l’altro abusi della nostra pazienza per offrire al fratello il tempo necessario per convertirsi. Non ci sarà nessun codice che potrà stabilire a priori il limite del perdono, perché il limite del tempo lo dispone solamente Dio. Non siamo padroni del tempo, né di quello nostro né di quello altrui, ma amministratori che non mettono limiti al tempo ma lo valorizzano con l’amore fraterno. La compassione e la carità fraterna fanno del tempo un dono offerto perché diventi vita eterna.

Auguro a tutti una serena giornata e vi benedico di cuore!


Commento a cura di don Pasquale Giordano
FonteMater Ecclesiae Bernalda
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