Commento a cura di don Pasquale Giordano
La parrocchia Mater Ecclesiae è stata fondata il 2 luglio 1968 dall’Arcivescovo Mons. Giacomo Palombella, che morirà ad Acquaviva delle Fonti, suo paese natale, nel gennaio 1977, ormai dimissionario per superati limiti di età… [Continua sul sito]
Nei fatti della storia ordinaria l’evento straordinario della Grazia
BATTESIMO DEL SIGNORE (ANNO B)
Il brano del vangelo presenta due scene nelle quali si alternano altrettante «voci», quella del Battista, «voce di uno che grida nel deserto», e quella del Padre che viene dal cielo. Entrambi parlano di Gesù di Nazaret; Giovanni lo indica come il «più forte» che viene a battezzare nello Spirito Santo e il Padre lo chiama «Figlio mio, l’amato», nel quale si compiace.
Tra la parola del Battista e quella di Dio c’è il gesto di Gesù di farsi battezzare. Quello che sembra essere un fatto ordinario comune a molti uomini si rivela invece per il diretto interessato come un evento straordinario.
Nel momento di uscire dall’acqua c’è l’intervento divino che tuttavia rimane qualcosa di strettamente personale al punto che dall’esterno non viene percepito. Solo Gesù vede aprirsi i cieli, scendere verso di lui lo Spirito Santo in forma di colomba e ascolta la voce del Padre che si rivolge direttamente a lui chiamandolo «Figlio mio, amato».
Tutti, compreso il Battista, vedono un uomo di nome Gesù, immergersi nell’acqua e riemergere. Tutti osservano il verificarsi del battesimo nell’acqua, ma solo Gesù vede i cieli aperti e lo Spirito santo scendere su di lui e ascolta la voce del Padre. C’è dunque un fatto, il battesimo di Gesù nel fiume Giordano, e un evento che accade, il battesimo nello Spirito Santo. Il fatto è conoscibile con i sensi l’evento solo con la fede. La parola dell’evangelista che descrive la scena ci permette di immaginarla, ma la voce del Padre ci fa intravedere il senso degli eventi. La Parola di Dio nella parola degli uomini ci offre la luce della fede in modo da osservare secondo l’ottica divina di Gesù.
Il Battesimo di Gesù, posto tra la proclamazione del Battista e quella di Dio, segna il passaggio dall’annuncio al compimento. Nel fatto storico che vede Gesù di Nazaret protagonista della vicenda trova compimento la profezia rappresentata dai due passaggi del popolo d’Israele, quello attraverso il Mar Rosso per fuggire dal Faraone, e l’attraversamento dello stesso fiume per entrare nella Terra promessa. Al contempo il segno visibile del battesimo di Gesù nell’acqua è anticipazione di quello nel sangue, altrettanto drammaticamente visibile, che si compirà sul Golgota. Nell’uno e nell’altro caso solo con il dono della fede è possibile riconoscere l’evento nel quale Gesù di Nazaret, il «più forte» del Battista, il Cristo e Figlio di Dio, battezza nello Spirito Santo.
Gesù si unisce alla schiera delle folle e si confonde in mezzo alle altre persone. Come Giovanni anche noi vediamo Gesù come un nostro fratello, uno come noi, che cammina con noi. Con la scelta di farsi battezzare accoglie l’appello di Dio e afferma davanti alla comunità di essere disposto a fare la Sua volontà. Lasciandosi immergere nell’acqua Gesù dice il suo primo «amen» al Padre, accetta di entrare a servizio di Dio stando in mezzo ai fratelli, condividendo con loro il cammino della vita.
Così anche il nostro battesimo è una prima scelta con la quale accogliamo Dio nella nostra vita e con Lui il dono della fede che ci trasforma interiormente e luminosi, capaci cioè di mostrare con il bene che compiamo la luce di Dio.
Nel nostro battesimo con l’acqua si compie lo stesso evento del battesimo di sangue di Gesù attraverso il quale Egli battezza nello Spirito Santo.
L’immersione nell’acqua del Giordano è il segno visibile della sua morte, ma ancora di più del suo amore per l’uomo. Gesù non è solo il compagno di strada che condivide con noi la fatica del cammino, ma è soprattutto Colui che è venuto per servire e dare la propria vita in riscatto per tutti. La morte, come quando ci si immerge totalmente nell’acqua, rende l’uomo invisibile, assente, silenzioso. Gesù ha vissuto sulla croce il dramma della morte di Dio e il dolore atroce della sua mancanza. Così Dio si è unito ad ogni uomo facendosi servo nudo e inutile sulla croce.
L’ultima parola non è il silenzio della morte ma il vangelo della vita. La morte di Gesù è veramente l’atto di forza più grande che si possa compiere perché è l’atto di amore più alto: servire e dare la vita. Gli effetti del battesimo in Spirito Santo non tardano a venire. Come Gesù, uscendo dall’acqua del Giordano vede i cieli squarciati così alla sua morte si squarcia il velo del tempio, quello che separava il mondo degli uomini da quello di Dio. Con la morte di Gesù sulla croce è definitivamente aperto il passaggio dalla schiavitù alla libertà, dalla morte alla vita, dal peccato alla grazia.
Il Centurione è il primo battezzato nello Spirito Santo a cui seguiranno tutti quelli che si faranno battezzare nella Chiesa. Nel soldato romano ciascun uomo può identificarsi perché tutti davanti a Gesù possiamo dire di essere, come il Battista, servi indegni, eppure destinatari del dono gratuito del suo immenso amore. Illuminati dal dono della fede gli occhi del Centurione non vedono solo un condannato ma il Figlio di Dio. La sua è la testimonianza di fede che non nasce dall’aver assistito ai miracoli o dall’essere stato convinto dall’evidenza dei prodigi ma dall’essere stato guarito nel cuore dalla forza dell’amore.
Lo Spirito Santo che scende dall’alto della croce ed effuso dal Crocifisso, squarcia le tenebre del peccato e spalanca le porte del cielo. La morte di Gesù, quale atto di amore e di servizio di Dio all’uomo, inaugura la vita nuova nella quale ogni persona diventa cristiano perché figlio di Dio.
La professione di fede del Centurione è voce della Parola che Dio rivolge a tutti: tu sei mio figlio, l’amato. Questa parola non è semplicemente un suono, ma ha la forza di consolare chi è nel lutto, guarire chi soffre nella tristezza, liberare chi è schiavo della rabbia, sostenere chi è nella confusione, recuperare chi si è smarrito, risuscitare chi è morto.