Traumi che salvano e quelli che dannano
Mercoledì della XIII settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)
Durante la traversata i discepoli, ancora sconvolti per il pericolo che avevano corso, stupiti si domandavano chi fosse veramente Gesù, lui che con la sua parola aveva messo a tacere le forze ostili del vento e del mare e li aveva condotti sani e salvi alla riva. La risposta stranamente giunge quando toccano terra; appena scesi dalla barca ecco uscire dai sepolcri incontro a Gesù due persone che, sebbene indemoniate, furiose e aggressive, sembrano conoscerlo bene tanto da chiamarlo Figlio di Dio. «Che vuoi da noi, sei venuto a tormentarci?» quella dei demòni è una conoscenza piena di paura, non di timore reverenziale. Infatti, la paura porta alla ribellione, il timore all’obbedienza. Davanti a Gesù i demòni vengono allo scoperto e la sua sola presenza è insopportabile per loro. Quando Gesù tocca le parti più buie di noi, i confini più lontani del nostro animo, quelle zone oscure della nostra vita in cui abbiamo seppellito la speranza, la gioia di vivere, l’amore per i fratelli, impedendo a tutti di inoltrarsi per quella strada che porta direttamente al cuore, è naturale che avviene una reazione negativa. C’è, per così dire, una parte oscura di noi che appartiene al regno dei morti che non tollera la luce del regno di Dio.
L’incontro con i due indemoniati induce a riflettere il discepolo simpatizzante di Gesù. Dopo aver dichiarato la disponibilità a seguirlo ovunque fosse andato e dopo essere salito sulla barca, che indica la comunità cristiana, sconvolto da qualche avversità nella vita, reagisce in maniera rabbiosa nei confronti di Gesù accusandolo di essere la causa dei suoi tormenti.
Una parte di noi segue lo spirito impuro che ci impedisce di avere nei confronti di Dio quella fiducia tale da usare gli spazi di libertà che il Signore ci offre come occasione per convertirci. Il demonio inquina lo sguardo del discepolo che attribuisce a Dio la causa degli sconvolgimenti come se egli fosse un crudele torturatore. I discepoli che rischiano di annegare pregano: «Signore, salvaci», mentre i demoni tormentati chiedono di andare nei porci. Non ci salva il cambiare luogo o pretendere di modificare la realtà che ci circonda o le persone che ci stanno attorno. La poca fede di noi discepoli corre il rischio di naufragare del tutto quando insistiamo nel proporre soluzioni che ai nostri occhi sembrerebbero la via d’uscita dignitosa dai tormenti dell’anima, ma che alla fine si rivelano fallimentari e autodistruttivi. Non ci salvano i nostri progetti che, se anche realizzati, solo in un primo momento ci fanno tirare un sospiro di sollievo, perché non ci impediscono di sprofondare nel baratro ancora più profondo di quello nel quale accusiamo Dio di averci spinto.
Gli sconvolgimenti della vita e i cambiamenti repentini che intervengono nel tranquillo navigare della nostra esistenza rivelano la presenza di Dio che ci salva, ma scoprono anche la parte più vulnerabile di noi, quella che non vorremmo cambiare. L’incontro con Gesù deve necessariamente scomodarci e sconvolgerci, più degli eventi traumatici stessi. L’esperienza con Gesù, affinchè sia veramente sanante, deve essere anche “traumatizzante”, cioè deve necessariamente creare delle brecce nelle le pietre sepolcrali del pregiudizio, dell’egoismo, dell’orgoglio.
Quando siamo sconvolti perché abbiamo perduto qualcosa e istintivamente ci ribelliamo a Dio accusandolo di essere la causa dei nostri mali, dovremmo seriamente verificarci perché potremmo agire come gli abitanti di Gadara che vanno incontro a Gesù per impedirgli di entrare in città e rimanere con loro.
Auguro a tutti una serena giornata e vi benedico di cuore!
Commento a cura di don Pasquale Giordano
La parrocchia Mater Ecclesiae è stata fondata il 2 luglio 1968 dall’Arcivescovo Mons. Giacomo Palombella, che morirà ad Acquaviva delle Fonti, suo paese natale, nel gennaio 1977, ormai dimissionario per superati limiti di età… [Continua sul sito]