Commento a cura di don Pasquale Giordano
La parrocchia Mater Ecclesiae è stata fondata il 2 luglio 1968 dall’Arcivescovo Mons. Giacomo Palombella, che morirà ad Acquaviva delle Fonti, suo paese natale, nel gennaio 1977, ormai dimissionario per superati limiti di età… [Continua sul sito]
È giunta l’ora della Pasqua e prima che essa si compia sulla croce Gesù compie un gesto inaspettato. Mentre mangiava con i suoi discepoli li lascia per un attimo, giusto il tempo di deporre le sue vesti e cingersi con un grembiule e poi ritorna da loro. Si piega davanti a ciascuno di essi per lavare i piedi e asciugarli. I discepoli avevano assistito ai segni miracolosi con i quali aveva salvato una festa di nozze destinata a fallire per mancanza di vino, aveva annunciato la guarigione del figlio al funzionario regio, aveva rimesso in piedi un paralitico, aveva ridato la vista ad un cieco, aveva saziato migliaia di persone, aveva risuscitato l’amico Lazzaro. Ma quel gesto non aveva nulla di miracolistico e sensazionale, anzi aveva messo in imbarazzo i discepoli al punto che Simon Pietro, giunto il suo turno, aveva messo le mani avanti cercando di impedire a Gesù di operare su di lui quel gesto così scandaloso. Come avrebbero potuto capire il significato della lavanda dei piedi uomini che, sebbene fossero discepoli del Maestro e avevano visto le sue opere e udito le sue parole, erano impregnati dello spirito del mondo? Gesù rivela a Pietro che quel segno è condizione necessaria per prendere parte con lui. Simon Pietro cede solo davanti alla prospettiva della partecipazione alla gloria. L’apostolo pensa alla gloria umana mentre Gesù ha in mente la gloria della croce.
È in essa che trova compimento il gesto della lavanda dei piedi quale segno di servizio. Il vertice della gloria è l’amore e la sua espressione più alta è il servizio. Ciò che nella mente dei discepoli sta agli antipodi, la gloria e il servizio, nel cuore di Dio invece coincidono. Gesù lo dichiarerà ufficialmente quando afferma: «Non c’è amore più grande di questo, dare la vita per i propri amici». Per partecipare alla gloria di Dio è necessario lasciarsi amare fino alla fine, senza paura o imbarazzi. Salendo sulla croce Gesù scende piegandosi davanti ad ogni uomo per purificarlo. Pietro non comprende sul momento che solo il servizio genera la vera libertà. Morendo sulla croce Gesù feconda la Chiesa rendendola madre di figli. Essi, tuttavia, hanno bisogno di rimanere sempre uniti a Gesù per attingere la sapienza dell’amore dall’eucaristia nella quale Dio sempre si fa piccolo per diventare nostro nutrimento e forza.
Attraverso la croce Dio serve l’uomo e lo rende Signore, gli conferisce quella dignità che nessuno sforzo o impegno umano sarebbe capace di garantire. La libertà è un dono da custodire attraverso il servizio reciproco. Non si tratta di uno scambio di favori, un dare per avere. Il servizio che rende liberi ha come fine quello di favorire l’incontro e la relazione con l’altro, la comunione tra fratelli e con Dio, in ultima istanza. Lo scopo dell’amore non è dentro di sé ma fuori di sé. L’amore o punta alla comunione o amore non è; il servizio o favorisce la riconciliazione o servizio non è; la libertà o crea legami di fraternità o libertà non è.
Signore Gesù, servo per amore, aiutami a deporre le vesti dell’ambizione e dell’orgoglio. Senza di esse apparirò agli occhi di molti vulnerabile, debole, inutile. Ma cingendo il grembiule dell’umiltà tu mi darai la forza d’inginocchiarmi davanti a te riconoscendoti presente in ogni fratello soprattutto in quello bisognoso di tenerezza oltre che di pane. Vinci la presunzione di poter vivere senza il nutrimento dell’eucaristia, il pane del cammino verso la Pasqua finale che mi introduce nel Cielo. Donami il desiderio gioioso di essere riconciliato e concedimi la grazia di rimanere fedele alla tua missione, della quale mi rendi partecipe, di far conoscere il Padre, amarlo e servirlo in letizia.