Commento a cura di don Pasquale Giordano
La parrocchia Mater Ecclesiae è stata fondata il 2 luglio 1968 dall’Arcivescovo Mons. Giacomo Palombella, che morirà ad Acquaviva delle Fonti, suo paese natale, nel gennaio 1977, ormai dimissionario per superati limiti di età… [Continua sul sito]
Il marchio d’infamia e il sigillo di autenticità
La pagina evangelica si apre con la ricerca di Gesù condotta dalla gente che il giorno prima era stata saziata. Una volta trovato gli rivolgono una domanda perché non capiscono cosa sia accaduto durante la notte. Anche nella prima lettura gli Israeliti, liberati dalla schiavitù egiziana, mormorano contro Mosè perché, presi dalla rabbia per la mancanza di cibo nel deserto, non comprendono cosa stia accadendo e nostalgicamente pensano a ciò che hanno lasciato.
Come Dio ascolta la mormorazione della gente e le parla rivolgendosi a Mosè, così Gesù interloquisce con la folla. Il nutrimento che Dio aveva promesso come risposta alla lamentela del popolo si è riproposto nell’evento della moltiplicazione dei cinque pani e due pesci che hanno saziato una moltitudine di persone. Tuttavia, già il Signore aveva detto a Mosè che il cibo «piovuto dal cielo» aveva nelle sue intenzioni una finalità educativa. Infatti, la Sua parola e la Sua opera sciolgono le contraddizioni apparenti, che gettano Israele nella confusione, perché rivelano un Dio che si prende cura del suo popolo e vuole educarlo alla vera libertà.
Dio è all’opera perché, nutrendo il suo popolo, non solo risponde al suo bisogno, ma lo educa all’obbedienza della fede, ovvero a quel dialogo attraverso il quale trovano risposta gli interrogativi sul significato degli eventi della vita. Dio non risponde solo alla domanda di cibo, ma, donando il nutrimento necessario, suscita la domanda grazie alla quale si scopre un significato ulteriore del cibo ricevuto. L’opera di Dio funge da modello per quella dell’uomo. L’opera dell’uomo è dunque finalizzata non solo a soddisfare il bisogno ma ad essere un uomo nuovo che, come dice Paolo agli Efesini, non si corrompe. Darsi da fare per il cibo che non perisce ma che dura per la vita eterna significa essere non come la manna del deserto, che dopo un giorno si corrompeva, ma come Gesù che è il pane donato da Dio perché chi ne mangia non si lasci snaturare dal peccato e guidare dall’istinto.
Ciò che fa della fede un cammino di vita è la motivazione per cui lo si intraprende. Da qui l’invito a non ricorrere a Dio solo nel momento del bisogno, spinti dalla disperazione, ma a cogliere l’occasione che ci viene offerta di lasciarci trasformare in Cristo mediante il cibo che Lui ci dona. Quando celebriamo i sacramenti, l’eucaristia in maniera particolare, andiamo da Dio per nutrirci della sua Parola e del suo Corpo. Domandandoci, come gli Israeliti: «Che cosa è?» ci apriamo ad accogliere nel segno del pane e del vino consacrati Dio stesso che ci fa figli suoi e ci dona la sua vita affinché possiamo amare come Lui ci ama.
Il pane dal cielo è gratuito e non si può comprare, lo si riceve con gratitudine e non lo si può accumulare con avidità, lo si deve condividere e non rivendere. Queste caratteristiche rivelano la novità operata da Dio e che l’uomo assume come impegno. Chi ha sperimentato la provvidenza di Dio che ha saziato il corpo deve compiere un passaggio per cercare e ricevere il nutrimento che garantisce la vita eterna. Dire «vita eterna» significa dire la vita stessa di Dio che supera la dimensione biologica e non s’identifica con il benessere psichico ma che si rivela nella vita rinnovata dall’amore di Dio.
Il marchio d’infamia segna la nostra condizione di schiavi del maligno e, come tali, siamo indotti a ragionare secondo la logica egoistica, materialistica ed utilitaristica. L’incontro con Gesù, e il partecipare alla sua mensa, invece trasforma il segno della nostra schiavitù in sigillo di autenticità che attesta, con le opere di misericordia, che siamo veramente figli di Dio.
Signore Gesù, pane di Dio e pane della vita, poni su di me il sigillo che mi conferisce il potere di diventare Figlio di Dio. Guidami nelle contraddizioni della vita a riconoscere la mano di Dio che mi educa, tra prove e sofferenze, ad essere fermento di novità nel mondo in cui vivo corrotto dall’egoismo e dall’avidità di potere. Nutrimi con la tua Parola e sostienimi con il tuo Corpo nel cammino della fede perché non mi lasci vincere dalla rabbia per le ingiustizie, dalla paura delle insidie tramate alle mie spalle, dalla tristezza causata dal senso di solitudine e di abbandono. Rendi la mia fede sempre più forte per fronteggiare i pericoli interiori della tentazione, sanare le ferite del peccato e rispondere alla tua chiamata a seguirti sulla via della croce e così abitare per sempre con Te nella vita eterna.