Il Battista è un uomo leale. Non s’arroga poteri che non ha, e smorza sul nascere, ogni possibile aspettativa. In un altro passo dirà di sé: «Io non sono il Cristo» (Gv 1, 20). Egli si definisce attraverso ‘il suo non essere’. Egli è ‘ciò che non è’. Egli è semplicemente ‘indice puntato sull’essenziale’ (cfr. Gv 1, 29.36), è colui che indica il luogo dove il cuore finalmente può trovare riposo: Gesù di Nazaret, la ‘spiegazione’ di Dio.
Giovanni mi dice: «Vuoi sapere che volto e che cuore ha il tuo Dio? Allora ascolta la parola di Gesù e contempla la sua azione a tuo favore».
Ma in che modo Gesù ‘dice’ Dio? Mettendosi in fila coi peccatori, facendosi battezzare con loro, ovvero scendendo nell’abisso del male di ciascuno, per stare accanto ad ogni uomo e ricondurlo al di là del potere dell’ombra.
Gesù narra di un Dio che va a fondo con l’uomo; un Dio che per scovare anche l’ultimo uomo e poterlo rassicurare, sale su una croce ritrovando così l’amato perduto, il malfattore (cfr. Lc 23, 39s.).
Gesù rivela in questo modo il vero nome di Dio: misericordia, l’essenza stessa di Dio, che fa sì che il mio peccato, il mio male, il mio limite, le mie ferite, le mie debolezze non siano più motivo di separazione da lui, bensì luogo dove finalmente può raggiungermi e inabitare; non più luogo di condanna, ma spazio esistenziale necessario per rivelarmi la sua vera identità: medico, amore, salvatore.
Il mio limite diventerà così possibilità e condizione perché il cielo di Dio si possa letteralmente squarciare (v. 21) sopra di me, in modo d’essere raggiunto dalla sua stessa vita che è Amore, lo Spirito Santo (v. 22). Allora comincerà per me una vera e propria ri-creazione, simboleggiata qui dalla colomba, immagine di quella che sorvolò la terra dopo il diluvio delle origini (cfr. Gn 8, 12), segno della pace ristabilita per sempre.
E in ultimo, la mia povertà sarà l’occasione perché la misericordia possa pronunciare le parole più belle che l’Amore possa dire al suo amato: «Tu sei il Figlio mio, l’amato» (v. 22b): ti amo per quello che sei, come sei, a prescindere. Amo te per quanto sia grande il tuo peccato, la tua debolezza, semplicemente perché sei mio figlio.
Contemplare il brano del battesimo di Gesù è far memoria della nostra stessa verità, acquisita col nostro battesimo. Non viviamo più sotto un cielo chiuso e muto, e neppure terribilmente soli e disperati. Siamo – senza alcun merito – figli amati,‘concittadini dei santi e familiari di Dio’ (Ef 2, 19).
AUTORE: don Paolo SquizzatoFONTECANALE YOUTUBE