Il ‘dubbio’ è il combustibile della fede, e la ‘crisi’ necessaria a vagliare il credere al fine di far rimanere a galla ciò che realmente conta. Ho sempre avuto paura di chi non ha mai conosciuto il dubbio o la crisi – soprattutto in ambito di fede – prima o poi mi vomiterà addosso tutto il suo fanatismo.
Questi due personaggi dopo una grande fiammata d’entusiasmo, sulla via del ritorno conversano col volto triste: Gesù è stato ucciso, le speranze infrante; ora non rimane che consolarsi andando a rifugiarsi nel passato, laddove Israele nell’antichità aveva riportato una sonora vittoria su i nemici, una cittadina di nome Emmaus. Espediente psicologico che ci appartiene: rifugiarsi nel passato perché il presente risulti meno gravoso.
A questi viandanti della disperazione, Gesù domanda: ‘non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?’. Si entra nella gloria, ossia nel compimento dell’essere, nella vita risorta, nella felicità attraversando la sofferenza e il dolore, quello che deriva dall’aver amato sino alla fine.
‘Non si risorge perché si muore ma perché si ama’.
A conti fatti, ciò che ci rimane è la capacità – pur flebile – di amare. Di vivere tutto ciò che capita avvolgendolo con la benevolenza e la ferma decisione di non rispondere al male col male. Di far partecipe chi ci vive accanto di un pezzo di paradiso, e di spezzarci come pane per sfamare il desiderio di felicità dell’altro.
Se si comincia a vivere, lungo la strada degli eterni ritorni, anche quando tutto pare avvolto dalla luce del tramonto, il vincere il male col bene e spezzarsi per l’altro come buon pane – ‘lo riconobbero allo spezzare del pane’, allora forse cominceremo a far esperienza del Risorto anche in mezzo alla crisi di fede più nera, al non sentire nulla, e ai dubbi più profondi.
Impareremo che prima di credere in Dio ci è chiesto di credere nell’amore e in ultima analisi nell’uomo.
Credere in Dio di per sé non vuol dire ancora nulla, potrebbe risolversi in un assenso ad un’immagine creata dai propri deliri. Credere nell’amore significa invece scommettere sull’uomo compagno di viaggio, che mi chiede di potersi fermare a casa mia perché è ormai scesa la sera. Costatando alla fine stupiti di aver ospitato il Dio della festa, che fa ardere il cuore e apre verso un tempo che non conoscerà più tramonto.
AUTORE: don Paolo Squizzato
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