ยซIl Corpo del Signore non lo dobbiamo pensare negli schemi sacrali. Ricordate le processioni con gli ostensori e gli incensi? Di quel pane che deve essere un pane a tavola noi abbiamo fatto un idolo. ร lโastuzia dellโuomo! Quando lโuomo fa di un santo una realtร da adorare, se ne รจ giร liberato. Adorare significa metterla fuori. Messa fuori, viviamo piรน tranquilli nella nostra malvagitร ยป (E. Balducci).
Gesรน, nel deserto della storia vede e si prende cura di unโumanitร dolorante invitando ciascuno dei suoi a fare altrettanto, rivelando cosรฌ la logica disarmante che la propria fame si estingue facendosi pane per gli altri. Infatti qui Gesรน non invita a dare cose, denari o ad impetrare il Cielo per compiere la sazietร dellโaltro, bensรฌ a donare sรฉ stessi: ยซVoi stessi date loro da mangiareยป, ossia โdatevi in cibo a questa umanitร affamataโ (v. 13a).
E nellโattimo stesso in cui si vive questa logica del dono di sรฉ, il deserto comincia a fiorire (cfr. Is 32, 15). Infatti nel Vangelo di Giovanni, passo parallelo al nostro, si afferma come in quel luogo ci fosse โmolta erbaโ (Gv 6, 10b) e Marco aggiunge come quellโerba fosse โverdeโ (Mc 6, 39). Un luogo con molta erba verde, richiama un giardino, e il Giardino nella Bibbia รจ sinonimo di paradiso. Insomma: il condividere, il prendersi cura della vita dellโaltro fa fiorire il proprio deserto esistenziale e trasforma questo nostro mondo incolto, in un qualcosa dal sapere di paradiso.
Prima di farsi ostia, Dio sโรจ fatto carne, e quindi ogni carne.
Va da sรฉ che maltrattare un essere umano significa profanare il medesimo Corpo di Cristo, il Dio-con-noi, e in- noi.
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Va da sรฉ che i veri e piรน preziosi tabernacoli saranno i corpi martoriati dei poveri, le carni consunte dei profughi, degli esclusi, degli allontanati e degli abbandonati.
Adorare e venerare unโostia consacrata e poi calpestarla, denigrarla e rigettarla nel fratello puรฒ dirsi ancora cristianesimo?
AUTORE: don Paolo Squizzato
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