«Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso!», dice Gesù nel vangelo di oggi.
Dopo duemila anni di cristianesimo pare questo fuoco non sia mai veramente divampato; il fuoco del messaggio evangelico, quello delle beatitudini, di uno stile di vita fondato sulla condivisione, la cura, il servizio, facendo di contro troppo spesso l’occhiolino al mondo che radica sé stesso sul potere, l’avere e il successo, ammantando tutto con la pratica religiosa.
C’è un racconto significativo del gesuita Antony de Mello che spiega molto bene la situazione che si è venuta a creare all’interno dell’istituzione Chiesa in questi due millenni, non avendo mai compreso sino in fondo ciò che viene chiamata Tradizione, che non il culto delle ceneri, ma la custodia del fuoco!
«C’era un uomo, che aveva inventato l’arte di accendere il fuoco. Prese i suoi attrezzi e si recò presso una tribù del nord, dove faceva molto freddo. Insegnò a quella gente ad accendere il fuoco. La tribù era molto interessata. L’uomo mostrò loro gli usi per i quali potevano sfruttare il fuoco – cuocere il cibo, tenersi caldi, ecc. .
Quelle persone erano molto grate all’uomo per quanto era stato loro insegnato sull’arte del fuoco, ma prima che potessero esprimergli la propria gratitudine, egli scomparve. Non gli importava ricevere il loro riconoscimento o la loro gratitudine: gli importava il loro benessere. Si recò in un’altra tribù, dove nuovamente iniziò a dimostrare il valore della sua invenzione. Anche quelle persone erano interessate, un po’ troppo però per i gusti dei loro sacerdoti, che iniziarono a notare che quell’uomo attirava la gente, mentre essi stavano perdendo popolarità. Così, decisero di liberarsene.
Lo avvelenarono – o lo crocifissero, non ricordo più. Ora, però temevano che la gente si rivoltasse contro di loro, e così fecero una cosa molto saggia, persino astuta. Fecero eseguire un ritratto dell’uomo e lo montarono sull’altare principale del tempio. Gli strumenti per accendere il fuoco furono sistemati davanti al ritratto, e la gente fu invitata a venerare il ritratto e gli strumenti del fuoco, cosa che fece ubbidientemente per secoli.
L’adorazione e il culto continuarono, ma non fu mai usato il fuoco».
AUTORE: don Paolo Squizzato
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