don Paolo Squizzato – Commento al Vangelo del 12 Marzo 2023

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Siamo tutti rabdomanti in cerca di una sorgente che ci disseti, noi assetati da morire.

Noi tentati di continuo a credere che quest’acqua sia qua e là, una relazione o una professione, un oggetto o una religione, l’io o un dio. Per poi svegliarci dal sonno, con l’arsura in gola e l’amaro in bocca per aver confuso il sogno con la realtà.
Camminiamo verso pozze d’acqua per poi costatare che è solo un miraggio.

L’acqua che disseta non sta né a Gerusalemme né sul monte Garizim, dice Gesù. Ciò che chiamiamo Dio non sta né qua né là, perché egli non è né questo né quello. Non un sostantivo, tanto meno un nome proprio di persona. Si potrebbe parlare – con una metafora – di verbo. Azione; ciò che anima.

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Gesù parla di Spirito e verità. Il Mistero si rivela come vita e fecondità, forza che manda avanti il mondo, energia che fa evolvere l’Universo. In tutto Ciò si fa esperienza del divino. E sarà entrando in contatto con la propria sorgente interiore e aiutando il mondo a venire alla luce in questa sua drammatica gestazione che la nostra sete si placherà. E vivendo appieno che ci si disseta.

L’Assoluto (letteralmente ‘ciò che è slegato da’) sarà sempre oltre ogni forma di religione storica, e ogni pretesa d’impossessarsene. “In lui viviamo, ci muoviamo ed esistiamo” (At 17, 28); noi esseri umani ci muoviamo in un ‘campo divino’ di cui siamo solo una tra le sconfinate possibili manifestazioni.

Le religioni passano, e con esse tutto il loro armamentario cultuale, rituale e dogmatico; ciò che rimarrà sarà lo Spirito, l’acqua viva appunto (v. 10) che sgorga dalla nostra sorgente interiore, che è da sempre e che per sempre sarà, perché la Vita non ha mai avuto origine e non avrà mai fine. Si trasforma.

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Questa ‘verità’, fa il paio con libertà (cfr. Gv 8, 32), sempre «pronta a prendere per mano ciascuno di noi affinché diventi come Dio, una persona che vive in libertà, fondata nell’amore, dipendente in quanto creatura, ma chiamata all’infinità» (Eugen Drewermann).

Per gentile concessione di don Paolo Squizzato

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