«E subito usciti dalla sinagoga, andarono nella casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni» (v. 29).
Dalla sinagoga alla comunità dei credenti in Gesù. Questo è l’esodo-passaggio che secondo la prima comunità cristiana Gesù fa compiere ai suoi: dalla sinagoga alla Chiesa (qui rappresentata dalla casa di Pietro). Non più un luogo dove celebrare l’incontro con Dio nell’attenta osservanza di Leggi e precetti, ma spazio quotidiano dove vivere relazioni fraterne e cura della fragilità.
È infatti nella ‘nuova casa’ che vi si trovano due coppie di fratelli – simbolo della fraternità ristabilita – intente alla cura della suocera di Pietro. Per Marco ora il luogo preposto all’incontro con il Mistero è quello dove si vivono relazione fraterne volte al bene degli altri. Se Dio è Amore (1Gv 4, 8) allora se ne fa esperienza anzitutto amando.
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Come la coppia di fratelli assume una valenza simbolica, anche la suocera di Pietro può essere qui letta in modo paradigmatico. Questa donna anziana e inferma non è altro che la Chiesa malata. E a quanto pare malata fin dalle sue origini. È prostrata, incapace di stare in piedi, ma soprattutto di svolgere il suo compito precipuo: servire. Qui infatti si sta facendo servire. (cfr. Mc 10, 45).
Gesù le si avvicina prendendole la mano (v. 31). Quella mano che Eva all’origine usò per catturare, strappare e fagocitare la vita, e che secondo un’antica leggenda subito dopo le si rattrappì. Eva/suocera/Chiesa è la condizione in fondo dell’umanità intera: illudersi di poter vivere di potere, di cose e successo.
Ora Gesù guarisce quella mano aprendogliela e portando questa creatura alla sua autentica natura: possibilità d’accogliere e donare: la vedova infatti “si alzò” (in greco viene usato il medesimo verbo della risurrezione), mettendosi a servizio dei presenti (v. 31b).
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Questa è la guarigione che Gesù è venuto a portare all’uomo di sempre: capacità di mettersi a servizio degli altri, ossia vivere da risorti: «Noi sappiamo di essere passati dalla morte alla vita [e dunque risorti] perché amiamo i fratelli» (1Gv 3, 14).
Gesù poi al mattino presto ‘scompare’ alla vista dei suoi e si ritira. Venuto nel mondo per insegnarci che l’unico modo per poter vivere da risorti è l’amore e la cura verso l’altro, egli sarà per sempre il ‘presente’ indisponibile. Non un ‘distributore automatico’ utile ai nostri bisogni, ma dono da accogliere.
«Tutti ti cercano» gli dicono (v. 37), e lui va altrove.
L’amore che si dona non accetta poi che gli amanti dipendano da lui. Infatti l’amore non crea dipendenza e costrizione; lascia liberi. Anche di perdersi.
Per gentile concessione di don Paolo Scquizzato