‘Prendere la propria croce su di sé’, invita a fare Gesù nel vangelo di oggi. Lasciando da parte facili moralismi, cosa significa ‘prendere la propria croce’? Forse nient’altro che ‘imparare a stare con ciò che è’, ossia con la vita.
Tutte le tradizioni spirituali concordano nell’affermare che la nostra sofferenza ha origine nel pensare che la vita, le relazioni, il momento presente debba accadere in un determinato modo, e poi prendere atto che ciò che è accaduto è tutt’altro da ciò che ci si era immaginato.
‘Prendere la propria croce’ significa imparare a non giudicare la vita, smettere di etichettarla con ‘è bene’, ‘è male’, ‘giusto’ o ‘sbagliato’. Si tratta di accogliere senza il filtro del ‘è bene per me’ o ‘è male per me’. L’io e il mio sono per noi il criterio della benevolenza o malvagità della vita che capita. Se è a mio favore la vita è buona, se contro, cattiva. Ma la vita non guarda in faccia a nessuno. Si realizza come deve realizzarsi, con la sua impermanenza e imprevedibilità.
«È l’imprevisto ciò che aspetto, niente altro.
Ovunque, sempre. Nelle pieghe di una conversazione, nel guado di un
libro, nella sottigliezza di un cielo. Aspetto con impazienza.
E quello che non mi aspetto che aspetto. (Ch. Bobin, Ritratto al radiatore)
Accogliere piuttosto che sedare. Trasformare piuttosto che respingere e negare.
L’evoluzione c’insegna che è proprio nella catastrofe che si dà creatività. Ci sono situazioni in cui la vita ci rivolta come un guanto. E dopo la paura e lo spaesamento ci s’accorge che la nuova situazione porta con sé potenzialità e ricchezze inimmaginabili prima dello schianto. In fondo, anche il guanto rivoltato possiede una sua bellezza.
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La vita non è mai bella o brutta, cattiva o buona, giusta o ingiusta. La vita semplicemente è. Dipende da noi come l’abitiamo. Se ci mettiamo di traverso con la nostra immaginifica mappa mentale allora tutto si complica e ne rallentiamo il corso.
La realtà è quella che è, se ci relazioniamo male a essa, la vita ci risulterà dolorosa, se ci relazioniamo bene, la vita ci risulterà gioiosa: la scelta sta a noi.
La vita sa dove condurci.
‘Prendere la propria croce’ significa diventare magnanimi, ingrandire la propria anima. Sì, dobbiamo ingrandire l’anima per accogliere tutto ciò che è senza escludere nulla.
«Ciò che accade è sempre il meglio di quanto sarebbe potuto accadere. Il divenire è molto più saggio delle nostre idee o dei nostri piani. […] Appena smettiamo di imporre i nostri schemi alla realtà, la realtà smette di presentarsi avversa o favorevole e comincia a manifestarsi tale quale è» (Pablo d’Ors)
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Detto ciò, cosa significherà recitare nel Padre Nostro ‘Sia fatta la tua volontà’ se non dirsi: “Mi fido della vita”? Se smettiamo di controllare la vita, dirigendola con violenza secondo il criterio dell’io e del mio, scopriremo Dio all’opera e noi nel fare la sua volontà, perché egli cos’altro potrà essere se non la Vita medesima e la modalità che questa assume in ogni singolo istante?
“Accogliere quello che deve giungere.
Lasciar andar via quello che deve andarsene,
Lasciar che accada,
Aprirsi all’imprevisto,
Camminare nella traccia misteriosa
della vita,
E retrocedere, se necessario,
solo per ampliare la visione
e prendere slancio“. (Ada Luz Márquez)
Per gentile concessione di don Paolo Scquizzato