Nella seconda lettura di oggi, Paolo rivolgendosi ai Corinzi scrive: «Vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; 5vi sono diversi ministeri, ma uno solo è il Signore; 6vi sono diverse attività, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti. 7A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune» (1Cor 12, 4ss.).
Splendido inno alla diversità.
Dio è Amore e l’amore non appiana, non rimuovere, non omologa le differenze: le esalta.
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Dove c’è omologazione, laddove si afferma un ‘pensiero unico’, dove si parla una sola lingua – quella del potente di turno – e vi è un unico modo di vedere le cose e di vivere, si sta affermando di fatto una dittatura, seppure ammantata di bene.
Nei sistemi totalitari – compresi quelli religiosi – il diverso è ritenuto da sempre pericoloso, per cui lo si deve allontanare, mettere a tacere impedendogli di pensare, parlare, vivere la propria verità. Laddove invece si afferma il principio dell’amore, si moltiplicano i pensieri, le idee, ciascuno partecipa la sua ricchezza, la sua bellezza e tutto diviene fecondo.
L’amore si dà solo nella differenza. Meno facciamo esperienza dello Spirito maggiormente saremo insofferenti alle differenze con cui verremo a contatto, divenendo rigidi, intolleranti e violenti.
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Adamo non accettò la differenza dal suo Dio, e Caino non riconobbe Abele come ‘altro’ da sé. Le conseguenze le conosciamo.
Dove non si fa esperienza dello Spirito, si troverà sempre il modo di eliminare i diversi, ostentando magari d’essere stati fedeli al dio monolitico e pesante come un macigno.
Lo Spirito attesta che il diverso non è più il nemico da cui difendersi o da sopprimere, ma ricchezza di cui godere proprio perché accolto nella sua diversità e lontananza, col suo carattere, il suo credo religioso o nel suo agnosticismo, col suo orientamento sessuale e il suo stile di vita.
S’imparerà così a fare dell’alterità il luogo dell’incontro, della festa e del perdono. Si accetterà finalmente che l’altro possa essere diverso da me, imparando pian piano la sua ‘lingua straniera’.
Per gentile concessione di don Paolo Scquizzato