«Quando sappiamo di non conoscerlo e siamo in attesa di lui per poterlo conoscere, allora sappiamo realmente qualcosa di lui ed egli ci ha afferrati e conosciuti e ci possiede. Allora siamo credenti pur nella nostra incredulità ed egli ci accoglie nonostante la nostra separazione da lui» (Paul Tillich).
Di ciò che denominiamo con la parola Dio o se ne fa esperienza o rimarrà puro significante privo di significato, mero concetto elaborato della mente, e in ultima analisi indifferente. E l’esperienza nasce da un atto di donazione e quindi uno di ricezione. Vi è prima un ‘tender l’orecchio’, una postura ‘attenta’ a ciò che potrebbe raggiungermi, e poi l’esperienza appunto di ciò che m’ha raggiunto, che dev’essere però totalmente altro da ciò che m’attendevo.
Dio non è un ‘ente tra gli enti’, e tantomeno un ente conoscibile, oggetto di comprensione.
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«Si conosce meglio Dio non conoscendolo» (Agostino) e «La suprema conoscenza di Dio è conoscere Dio come sconosciuto» (Tommaso).
È Mistero, indefinibile e inconoscibile. Però possiamo al contempo esperirlo e venire da lui (o da esso?) conosciuti. E questo accadrà nel momento in cui rinunceremo ad agire in ‘qualche modo’ nei suoi confronti; quando vivremo finalmente il Distacco, e ‘rinunceremo a fare di noi stessi dei santi’ (Dietrich Bonhoeffer).
La festa che oggi la Chiesa celebra, la Santissima Trinità, è metafora fondamentale. Il Mistero è paragonabile all’Amore, la più alta e feconda esperienza che può fare l’essere umano. Per cui Dio-Trinità lo si può esperire come l’amore degli amanti, l’energia che muove l’Essere, «che mi chiede di esprimermi appieno e di afferrare la sacralità di tutto ciò che esiste» (John Spong).
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Per questo motivo dire di credere in Dio – e nel Dio Trinità – non potrà risolversi in una sterile professione di fede, ma piuttosto in un atto di accoglimento, un ascolto attento e silenzioso, scevro da immagini, pregiudizi aspettative sino a sentirsene parte ed espressione: ‘In lui viviamo, ci muoviamo e siamo’ (At 17, 28), e conseguentemente nell’impegnarsi a vivere secondo la versione migliore di noi stessi, sedendoci accanto alle donne e agli uomini che la storia ci fa incontrare, per asciugare loro – secondo il bisogno – le lacrime e aprirgli strade di futuro.
Crederà nel Dio Amore (Trinità) solo colui che crederà fermamente nell’uomo, nella sua profonda bontà, nella sua inalienabile dignità, nella sua totale irriducibilità.
«La conoscenza di Dio, secondo la Bibbia, è per equivalenza, genesi dell’uomo. Diventare davvero uomo e conoscere Dio sono una sola e medesima operazione. Conoscere Dio e vivere la vita umana perciò coincidono» (Pierre Ganne).
Per gentile concessione di don Paolo Scquizzato