Il momento è pieno (Kairós), dice Gesù all’inizio della sua avventura nel mondo.
Se per la mentalità greca il tempo si risolve in un ‘eterno ritorno’, dove tutto si reitera all’infinito, se nella visione semitica la concezione del tempo è lineare: tensione verso una meta che coincide col compimento, Gesù dice la pienezza del tempo è ora.
La salvezza – ossia il compimento del cuore – non è qualcosa che dovrà accadere o da meritarsi, ma realtà d’accogliere e a cui attingere. Quante energie investite per un futuro che non è ancora dato, e quante nostalgie su ciò che è passato.
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Solo l’adesso è colmo di promessa.
Il ‘presente’ è in fondo anche un dono.
Convertitevi. Convertirsi nel vangelo indica cambiamento di mentalità, e non cambiamento di direzione. Significa smettere di pensare che per fare esperienza del Tutto occorra diventare migliori o affaccendarsi per un dio.
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Il Tutto è già dato, e ne stiamo partecipando.
È l’esperienza dei primi discepoli di Gesù, Simone, Andrea, Giacomo e Giovanni, coppie di fratelli che fatta esperienza dell’Oceano ossia del Tutto possono ora permettersi di cessare di affaticarsi per una pozza d’acqua.
Lasciano le pesanti ‘reti che legano’ (i comandamenti, i precetti), e padri (i propri gendarmi interiori) che accusano. Af-fidandosi all’amore e dell’amore che viene a cercare e ad unire a sé, si ristabilisce quella fraternità infranta col primo fratricidio, quando Caino uccise Abele perché scopertosi troppo lontano e inadeguato nei confronti della divinità.
E insieme, come fratelli, potranno finalmente prendersi cura di chi è prigioniero del male, andando a pescarli (v. 17) in torbide acque per ricondurli in un abbraccio che ha il sapore di Dio.
Per gentile concessione di don Paolo Scquizzato