“Ho altre pecore che non provengono da questo recinto” (v.16) dice Gesù nel vangelo di questa domenica.
L’Amore è il principio che imbeve tutta la realtà; anzi, la realtà intera non è altro che una manifestazione dell’Energia divina che chiamiamo Amore. Questa non fa preferenza di persone (cfr. Rm 2, 11), e tanto meno può essere rinchiusa in un recinto.
All’interno di questo ‘ambiente divino’ non vi sono migliori o peggiori, preferiti o reietti. Nessuno che ‘meriti’ la salvezza, ma solo l’umano che si apre a un dono immeritato.
- Pubblicità -
Se Dio è l’Amore che apre a ‘pascoli sconfinati’, aldilà dei recinti di religione, di credo o di appartenenza, Gesù è venuto a spezzare le staccionate che definiscono, separano, distinguono comprese quelle della morale e dell’integrità.
Egli chiama all’unità, che è l’esatto opposto dell’uniformità.
L’amore esalta le differenze, la paura uniforma, mescolando tutto in un indistinto, per poi chiamarlo ‘virtù’.
- Pubblicità -
La vera pace accadrà quando le differenze saranno occasioni per vivere nell’amore, quando finalmente Caino accetterà che Abele possa essere altro da lui, senza il bisogno di eliminarlo per affermarsi come l’unico.
Laddove ci si ritiene cristiani, dovrebbe anche vigere l’esaltazione della diversità e del ‘diverso’, perché Dio altro non è che la Verità che rende liberi, liberi di essere finalmente se stessi, di amare e di credere in modo diverso.
«Il pluralismo di qualsiasi forma, non è una iattura bensì una ricchezza perché fa ridondare su tutti i carismi, le donazioni accordate a ciascuno. Quante energie sono andate perdute perché i Superman di turno hanno impedito ad altri di esprimersi. Papa Giovanni ripeteva che la Chiesa è un giardino tanto più bello quanto più ricco di molteplicità e varietà di fiori. È un campo in cui si ritrova ogni genere di piante, persino quelle che i profani dicono tossiche perché non ne conoscono le proprietà. Persino “i triboli e le spine” che stanno a ingombrare il terreno hanno la loro funzione che è quella di tenere sveglie le menti delle creature intelligenti» (Ortensio da Spinetoli).
Per gentile concessione di don Paolo Scquizzato