Condannati a vivere fuori dai centri abitati, i lebbrosi erano semplicemente dei morti viventi. Esclusi dalla famiglia, dal contesto sociale e soprattutto dal mondo religioso, vivevano da castigati da Dio, in quanto la lebbra era lโimpietosa visibilizzazione dei loro peccati (Nm 12, 9-10; 2Sam 3, 2).
La lebbra รจ il nostro limite, gli spazi dโombra che facciamo fatica ad accogliere, la ferita che ci separa da noi stessi e dagli altri. Siamo lebbrosi in quanto ci sentiamo sporchi e inadatti, sbagliati e non amabili.
Il vangelo di oggi ci rammenta che proprio ciรฒ che reputiamo motivo di separazione รจ piuttosto possibilitร dellโunione con lโAmato.
ยซLo voglioยป (v. 41b). Bellissimo. Il Dio di Gesรน vuole solo โfigli guaritiโ, a differenza del dio della norma e della religione che vuole unicamente โservi miglioriโ.
Il potere religioso distingue da sempre le persone tra pure ed impure, separando i giusti dai peccatori, gli osservanti dai trasgressori. Per troppo tempo abbiamo bandito dalla Chiesa quelli ritenuti, chissร poi in nome di chi o di che cosa, lebbrosi e perciรฒ intoccabili: chi la pensa diversamente, chi obbedisce unicamente alla propria coscienza, le donne, i malati di mente, i mancini, gli omosessuali, i divorziati risposati e lโelenco potrebbe continuareโฆ
In nome di un dio fittizio e diabolico, ovvero separatore, abbiamo diviso lโumanitร in due parti, una destinata a cadere sotto il suo agghiacciante giudizio, lโaltra destinata alla beatitudine eterna. Ma ciรฒ che chiamiamo Dio non รจ un giudice celeste, ma forza vitale che si espande allโinterno dellโumano โ qualsiasi umano โ perchรฉ questo possa giungere a compimento della propria bellezza e alla pienezza dellโessere. Non siamo perfezione decaduta, ma semplicemente povertร in via di compimento.
Per gentile concessione di don Paolo Scquizzato
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