Il commento al Vangelo di domenica 3 maggio 2020, a cura di don Mauro
Gesù buon Pastore ci invita a seguirlo con l’amore e con l’esempio.
IO SONO LA PORTA
Gesù, subito dopo aver ridato la vista al cieco nato, sta conducendo una disputa coi farisei che gli chiedono polemicamente: siamo forse ciechi anche noi? Usa la metafora del pastore per dire loro che sono degli impostori. Questa immagine è stata utilizzata dai profeti in passato e soprattutto da Ezechiele. L’ovile è recintato e custodito. Chiunque tenti di raggiungere il gregge scavalcando il recinto è un ladro, perché il guardiano apre solo al pastore. La chiesa svolge questo compito di custodia. Non è assolutamente padrona del gregge e dell’ovile, ma vigila perché alle pecore arrivi solo chi può guidarle.
Il papa e i vescovi devono garantire che il messaggio di Gesù non sia distorto o strumentalizzato, ma il vangelo non appartiene alla chiesa. I farisei sono additati come esempio negativo, in quanto, al contrario, si sentono padroni della legge e si preoccupano solo che sia osservata. Il pastore ha invece tutt’altro atteggiamento, egli chiama le pecore una a una. Il suo è un servizio perché ha a cuore il benessere del gregge, ma non tratta tutti allo stesso modo, perché conosce personalmente ciascuno. Gesù ci conosce uno a uno. Altrove è detto che perfino il numero dei nostri capelli è contato. L’autorità va esercitata come un servizio, mentre spesso la ricerca del proprio interesse è anteposta al bene comune. Gesù si propone come capo e non si impone. Non usa violenza, ma prende su di sé in modo non violento i peccati e gli errori dell’umanità, pagando lui il prezzo.
Per questo è il modello di tutti i pastori, ma è ancora di più: è la porta stessa. Se vogliamo arrivare a Dio dobbiamo passare attraverso di lui. Concretamente ciò significa fare ed essere come lui. È quello che ci dice Pietro: se facendo il bene sopporterete con pazienza la sofferenza, ciò sarà gradito davanti a Dio, dato che Cristo patì per voi, lasciandovi un esempio, perché ne seguiate le orme. In questi tempi difficili il sentimento che prevale nell’opinione pubblica è l’indignazione. Non si fa fatica a trovare gente che punta il dito, denuncia e rimprovera. Difficilmente c’è qualcuno che si assume delle responsabilità, sembra sempre che sia colpa degli altri. Non si può migliorare il mondo se non siamo noi a cominciare. E dunque, come gli uditori di Pietro negli Atti degli apostoli, dobbiamo chiedere: cosa dobbiamo fare? Comportarci da cristiani! Mettere in pratica la legge dell’amore.
Solo l’Amore ci può salvare. Paolo insegna: l’amore non fa nessun male al prossimo: pieno compimento della legge è l’amore, e incoraggia: rivestitevi di Cristo (Rm 13, 10.14).
AUTORE: don Mauro Pozzi
FONTE: email
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