Il commento al Vangelo di domenica 9 ottobre 2022, a cura di don Mauro Pozzi.
Quante volte diamo per scontato il bene che abbiamo e non ringraziamo!
RICONOSCENZA
Naaman il siro si aspettava che il profeta Eliseo lo guarisse dalla lebbra con un rito spettacolare, tanto da giustificare il lungo viaggio che aveva intrapreso per arrivare in Giudea. In vece Eliseo gli aveva semplicemente ordinato di immergersi sette volte nel Giordano.
Il ricco funzionario si era sentito offeso di aver dovuto fare tanta strada per lavarsi in un fiume qualsiasi, quando poteva farlo nella sua patria molto più comoda mente. Convinto a bagnarsi dal suo servo, fu guarito e, resosi conto del grande dono ricevuto, torna a ringraziare Eliseo. Il vero viaggio che aveva compiuto era quello interiore, dalla superbia all’umiltà, scoprendo la povertà della sua spocchia da vanti alla ricchezza della misericordia di Dio. Gesù si imbatte nei dieci lebbrosi, che da lontano lo pregano.
La lebbra era in fatti una malattia immonda, un malato non poteva più entrare nelle città e avvicinarsi ai sani. È un’immagine del peccato che allontana dalla comunità e lentamente consuma. Nonostante questa lontananza possono però alzare la voce nella loro invocazione: Gesù Maestro, abbi pietà di noi! Dobbiamo fare nostra questa preghiera. Nessuno infatti è immune dal peccato e può sempre ritrovarsi in difficoltà.
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Il tentatore, in queste circo stanze, insinua che siamo indegni e non possiamo osare di rivolgerci di nuovo al Signore. Non c’è niente di più falso. Il Maestro stesso dice di essere venuto per i malati e non per i sani, per cui non bisogna mai scoraggiarsi e con tanta umiltà chiedere il suo aiuto, gridando anche forte. Tutti obbediscono all’or dine di andare a presentarsi ai sacerdoti, che era la prassi per la riammissione nella società, ma solo uno torna sui suoi passi per ringraziare.
Questo aspetto della vicenda narrata, mette in luce un difetto della nostra preghiera: noi tendiamo facilmente a lamentarci con Dio per i nostri guai, ma raramente ringraziamo per il bene che ci è concesso. Generalmente si pensa che sia giusto che le cose vadano bene e si considera che gli ostacoli, la fatica e il dolore siano degli errori, per cui ciò che è buono è dato per scontato, mentre il male è preso come un’ingiustizia.
Non dico che si debba desiderare che le cose vadano male, ma piuttosto cercare di riconoscere i tanti doni che il Signore ci fa e imparare a ringraziare. Lo straniero è quello che non si aspetta la misericordia come un atto dovuto e anche noi dobbiamo sempre ricordarci che la salvezza che Gesù ci offre non ce la meritiamo, ma è un dono gratuito.
- AUTORE: don Mauro Pozzi
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