don Mauro Pozzi – Commento al Vangelo di domenica 6 Novembre 2022

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Il commento al Vangelo di domenica 6 novembre 2022, a cura di don Mauro Pozzi.

La vita futura non avrà nulla a che fare con le categorie di quella presente. Saremo simili a Lui perché lo vedremo così come Egli è.

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IL DIO DEI VIVI

Ai tempi di Gesù il giudaismo si esprimeva secondo quattro  grandi correnti: gli Esseni che vivevano nel deserto in una comunità autarchica e separata; gli Zeloti che volevano ritornare ad  essere un regno autonomo con la lotta armata contro i romani; i  Farisei, il cui pensiero è la radice dell’ebraismo moderno; ed in fine i Sadducei, che erano legati alle tradizioni più antiche e che  dunque negavano la resurrezione, anche se ritenevano che  l’anima sopravvivesse al corpo.

La provocazione di questi ultimi  ci permette di gettare uno sguardo sull’aldilà. La tentazione più  frequente degli increduli è di immaginare la vita oltre la morte  come se fosse del tutto simile a quella che viviamo ora. Anche  questi sadducei non fanno eccezione e pensano che pure in paradiso ci si sposi. Se fosse così allora bisognerebbe mantenere la  famiglia, andare a lavorare, sopportare il capoufficio. Per l’eternità? No grazie!

Questo è il loro ragionamento, e non fa una  piega. L’errore sta nel valutare la realtà spirituale con le categorie  umane. Il divino non ha niente a che fare con ciò che è terreno  ed è quello che Gesù vuol far capire ai suoi interlocutori. Il nostro  destino non è rimanere semplici uomini, ma diventare figli di Dio.

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San Giovanni, nella sua prima lettera, dice molto esplicitamente:  saremo simili a Lui perché lo vedremo così come egli è. Essere degni dell’altro mondo significa dunque essere divinizzati. Saremo uguali agli angeli, esseri spirituali, che non hanno un corpo mortale come noi. Il corpo in sé non è un aspetto negativo della nostra esistenza visto che è destinato alla resurrezione, cioè ad es sere glorificato, ma finché siamo in vita, è soggetto alle conseguenze del peccato originale, cioè alla fatica, al dolore e alla  morte.

Come tutto il resto della creazione, gemiamo interiormente  aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo, dice  San Paolo (Rm 8,22). Ecco la fondamentale differenza, dopo la  resurrezione non saremo più gli stessi, saremo figli di Dio. L’altro  mondo non è un luogo, un posto fatto di nuvolette, è l’incontro  con l’Amore che finalmente sazia il nostro cuore.

L’Apocalisse  (21, 3-4) descrive in modo meraviglioso il paradiso: Ecco la di mora di Dio con gli uomini! Egli dimorerà tra di loro ed essi sa ranno suo popolo ed egli sarà il “Dio-con-loro”. E tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento,  né affanno, perché le cose di prima sono passate. Non è possibile  concepire tutto questo se pensiamo al nostro futuro eterno come  ad una vita simile a quella attuale.