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don Mauro Pozzi – Commento al Vangelo di domenica 25 Febbraio 2024

Commento al brano del Vangelo di: Mc 9, 2-10

Abramo sul monte sacrifica il suo io, cioè la pretesa di giudicare anche la Sua volontà.
don Mauro

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FEDE E RIVELAZIONE

Abramo è l’uomo della fede. Il patriarca delle tre grandi religioni monoteiste ha creduto alla voce di Dio. La sua vita  è  stata  un lungo viaggio in cui  il Signore lo ha guidato e fatto crescere fino alla tappa finale sul monte Moria. Isacco era il figlio della sua vecchiaia, aveva cento  anni  quando  nacque,  e  rappresentava tutta la sua speranza di futuro.

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Come ha potuto Dio chiedergli di sacrificarlo? Può sembrare una prova esagerata e disumana, ma Abramo l’accettò perché il sacrificio umano era praticato in Canaan, l’attuale Palestina, dove egli viveva. I Cananei sacrificavano il primogenito maschio sperando che con quel tributo di sangue la divinità non avrebbe funestato con altri lutti inaspettati la famiglia.

Era una idea distorta e mercantile del divino. Possiamo immaginare l’angoscia terribile di  Abramo  che  cammina  tre giorni verso la montagna sulla quale il figlio, il suo avvenire, sarebbe stato offerto. Fu Isacco stesso a portare sulla  schiena  la legna per l’olocausto. È l’immagine di Gesù che porta il suo patibolo fino sulla vetta del Calvario. Abramo arrivò fino ad alzare il coltello sul figlio e di fatto, anche se fu trattenuto, è come se l’avesse ucciso.

In realtà egli uccise sé stesso, il suo io. L’uomo del peccato originale è colui che non si fida del giudizio di Dio, ma solo di sé stesso. Al contrario Abramo mette da parte la sua pretesa di voler giudicare anche l’Altissimo e accetta la prova, quello che non seppero fare Adamo ed Eva. Egli su quel monte sacrifica il suo io e si abbandona completamente al Signore che, con quella prova, gli insegna che  il  futuro,  la  sua  discendenza, non gli appartengono, ma sono un dono del Cielo. 

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È il  culmine della crescita spirituale del patriarca,  che  scendendo  dal  monte sa di non dover temere più nulla, perché Dio stesso fa grande il suo nome e il suo futuro. Colpisce il fatto che il Padre risparmia la vita di Isacco, ma non quella di suo Figlio  sul  Calvario. 

Gesù deve preparare i suoi a sopportare il sacrificio della croce  e  li porta sul monte per rivelare loro la sua divinità. In pochi minuti i tre apostoli attraversano tutta la storia, incontrano le radici in Mosè ed Elia e vedono l’esito finale nella luce del Cristo trasfigurato e glorioso. Possono ascoltare la voce stessa dell’Infinito che rivela loro la sua Paternità.

Sulla cima del Tabor essi fanno l’esperienza più alta che un  uomo  possa  fare,  anche  se  non hanno ancora la capacità di comprenderla. La gloria passa per il sacrificio, la vita eterna si ottiene solo se si affronta la morte. Chiediamo al Signore la fede di Abramo e la forza di portare con coraggio le nostre piccole croci quotidiane.

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