Il commento al Vangelo di domenica 22 Novembre 2020, a cura di don Mauro Pozzi.
Saremo giudicati sull’amore, cioè sulla qualità e non sulla quantità.
IL RE
Il Regno di Dio si compirà solo alla fine dei tempi quando Gesù tornerà per giudicare i vivi e i morti. Così ce lo presenta Matteo: dal trono di gloria, circondato dalla corte degli angeli, il Figlio dell’uomo separa i buoni dai cattivi. Il criterio del giudizio è l’amore per il prossimo. Soccorrendo i bisognosi si fa un servizio a Cristo stesso. Fame, sete e nudità sono necessità primarie che difficilmente troviamo vicino a noi, anche se la crisi ha messo in difficoltà molte famiglie, per cui cerchiamo di andare incontro a chi ha bisogno. Nel nostro mondo ben pasciuto però, ci sono altri modi di essere affamati.
Moltissime persone vivono senza un orizzonte spirituale e questa è una grave forma di povertà. Sfamarle significa fare apostolato, cioè essere testimoni e annunciatori del Regno. Un dato allarmante e indicativo è la crescita dei suicidi e del consumo di stupefacenti. Troppe persone sono travolte dalla vita e non riescono a tenere il ritmo di una corsa continua al guadagno e alla carriera. Andare incontro alla disperazione di chi non conosce l’Amore è una delle forme di soccorso più necessarie nella nostra società. Accogliere lo straniero è invece una possibilità molto più immediata e attuale.
Se magari non possiamo farlo in prima persona, almeno cerchiamo di farlo idealmente, rifiutando il razzismo e le generalizzazioni. Dire che gli immigrati sono tutti delinquenti, per esempio, è un’affermazione razzista e ingiusta. Numerosi gangster americani erano italiani emigrati, eppure non accetteremmo che qualcuno per questo dicesse che gli italiani sono tutti mafiosi. Anche i malati e gli anziani sono molto vicini a noi. Non costa molto essere attenti e passare un po’ di tempo con loro.
Spesso quando queste persone muoiono ci si rammarica di non aver sfruttato tante occasioni. Il Cristo crocifisso e sofferente si manifesta in tutte queste persone bisognose e ci chiede di alleviare in loro il suo dolore. Il premio è il suo Regno, ma lo è anche, e molto, sentire la gratitudine di questi nostri fratelli. San Paolo accosta la figura di Adamo a quella di Gesù. Come al primo dobbiamo la morte, così dal secondo riceviamo la vita. La grande differenza tra i due è che il progenitore ha cercato sé stesso, desiderando più di quanto già possedeva, mentre il Cristo ha cercato solo Dio, costruendo la sua regalità con il sacrificio di sé.
Adamo desiderando di essere come Dio, si è allontanato dalla Vita. Gesù invece ha accettato la volontà del Padre fino in fondo, proprio come avrebbe dovuto fare il nostro capostipite. In questo modo ci indica la strada e ci invita a rinunciare alle nostre pretese di autonomia per essere re insieme a lui.
AUTORE: don Mauro PozziFONTE: emailSITO WEBCANALE YOUTUBE