Il commento al Vangelo di domenica 13 novembre 2022, a cura di don Mauro Pozzi.
Noi dobbiamo essere pietre vive del tempio, questo fa di noi il Suo popolo.
TEMPIO VIVO
Ci stiamo avvicinando alla fine dell’anno liturgico che celebreremo domenica prossima con la festa di Cristo Re. Siamo proiettati verso quella che è la conclusione della storia umana: la fine dei tempi e l’inizio del Regno di Dio. Gesù parla ai suoi della fine del tempio di Gerusalemme, che è un’immagine della fine del mondo. Il tempio era considerato dagli ebrei come la dimora di Dio tra loro e quindi come una sorta di garanzia del loro legame con Lui. Gesù vuole far capire che il tempio è solo una costruzione di pietra.
Per quanto solenne e maestoso, senza la fede di chi in esso rende culto al Signore, non è altro che un edificio di pietre e mattoni. A cominciare dalla basilica di San Pietro a Roma, in tutto il mondo ci sono le cattedrali meravigliose che gli uomini hanno edificato come simboli della chiesa nel mondo. Se venisse meno la fede però, questi monumenti diventerebbero come i templi diroccati di Agrigento, ricordo di qualcosa un tempo fiorente, ma scomparso.
I romani, nel 70 d.C., ad opera di Tito, stanchi dei continui fermenti dei giudei, decisero di colpirli al cuore, pensando di distruggere la loro identità nazionale. Il cuore era senza dubbio il tempio di Gerusalemme, ricco e magnifico, che si ergeva sulla cima del monte Moria, dove Abramo stava per sacrificare Isacco. I soldati dell’impero fecero un lavoro molto accurato demolendo il tempio fino alle fondamenta. Ancora oggi si possono vedere, all’estremità di quello che divenne il muro del pianto, i grandi blocchi di pietra che gettarono giù dalla spianata.
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Come sappiamo i romani non distrussero affatto l’ebraismo, che anzi sopravvisse per più di 1800 anni senza una terra. La patria e il tempio degli ebrei fu in quei 18 secoli, come lo è ancora oggi, la Torà, la legge. Anche i cristiani, che alle origini erano tutti ebrei, furono perseguitati e per questo iniziarono a predicare il vangelo nel mondo conquistando in pochi anni l’intero Mediterraneo. Essere cristiani in quei primi secoli era molto pericoloso, non pochi furono uccisi, imprigionati o esiliati, eppure non ebbero paura di testimoniare la loro fede. Infatti martire vuol dire testimone.
Allora non c’erano templi fatti di pietra, al massimo ci si riuniva in case private, la vera chiesa era un edificio spirituale fatto di pietre vive, cioè di fedeli. Oggi noi abbiamo le nostre chiese, ma le pietre vive ci sono ancora? Abbiamo il coraggio di testimoniare la nostra fede fuori, tra le persone che incontriamo ogni giorno? A questo ci richiama Gesù, ricordandoci che non sarà l’esteriorità a salvarci, ma la perseveranza.
- AUTORE: don Mauro Pozzi
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