Don Mauro Manzoni di graficapastorale.it, propone una riflessione sul brano del Vangelo di domenica 30 aprile 2023.
“Io sono la porta – dice Gesù – e chi non entra nel recinto dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Io sono la porta”.
La porta è lo spazio di una città, di un edificio, che consente il passaggio, permette l’entrata e l’uscita. Anche in informatica la porta logica di un PC è il punto di riferimento con un collegamento all’esterno attraverso i numeri binari, 1 aperto 0 chiuso.
Ecco allora il significato simbolico della porta, aperta o chiusa. Aperta è accoglienza ed ospitalità, chiusa ostilità e rifiuto. Aperta permette la comunità e assicura l’unità, al contrario la porta chiusa fa fiorire l’egoismo e l’individualismo. Nella Bibbia il termine porta sta all’inizio, alla fine e nel centro. All’inizio, libro della Genesi, c’è una porta che si chiude alle spalle di Adamo e di Eva, alla fine, libro della Apocalisse, c’è una porta che si apre nel cielo. E al centro, nel cuore della storia, c’è Cristo che dice: Io sono la porta.
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E’ anche pastore, pastore che conosce le sue pecore e le chiama per nome. Il mio nome sulla Tua bocca, senza aggettivi né qualificativi né determinativi. Conosce il mio nome perché conosce la mia umanità, fragile e debole, spesso egoista e pigliatutto, altre volte proiettata in slanci di solidarietà e fratellanza, ma sempre bisognosa di una guida da seguire e un pastore da tallonare.
Un pastore che è anche agnello, disposto a guidarmi cercando il mio bene e non il proprio interesse, disposto a rimetterci per me anche la vita. Pastore che cammina davanti a me, si fa largo nelle sterpaglie spinose della vita per prepararmi la strada, che mi precede e non è mai a ridosso, che non mette mai paura, ansia, angoscia, ma accoglie e capisce le mie emozioni e i miei sentimenti e dona fiducia e certezze.
Allora vorrei, o Dio, che accanto al mio nome Tu aggiungessi un aggettivo: tuo, o Signore, aggettivo possessivo.