La vigilanza dell’amore non della paura
Vigila chi custodisce e si prende cura.
Una madre che non prende sonno e sta accanto al figlio, vigila perché vuole cogliere il più impercettibile respiro. Avviene soprattutto quando il figlio soffre.
Vigila un innamorato sul suo amore, perché non si perda e non venga turbato.
Vigila Dio su di noi, giorno e notte, instancabilmente. Con la premura di un padre e di una madre. Non vuole che il nostro piede vacilli, né di giorno né di notte. Dio vigila su di noi come il samaritano buono che si accorge della nostra sofferenza e non passa oltre. Si ferma. Cura. Lenisce il dolore.
Risolve il problema di un alloggio. Sa attendere il momento della guarigione.
La vigilanza è sempre e soltanto una questione di cuore. E’ una prova delicata dell’amore. E’ una scelta silenziosa che il chiasso profanerebbe e renderebbe volgare.
Tutte le volte che ci fermiamo davanti al nostro amore, Gesù, la preghiera che scaturisce, più fresca e spontanea, è questa: “Insegnaci, Signore, a stare accanto a te, a vigilare con te”. E Gesù ci fa sentire la sua presenza. Ci accorgiamo che Lui è accanto a noi. Anzi, è dentro di noi.
Dal segreto del cuore Gesù ci domanda di “vegliare, perché non conosciamo né il giorno né l’ora”.
Ci chiede di tenere gli occhi aperti, superando l’apatia della sonnolenza. Ci chiede di non fare mai le scelte e il bene perché trascinati dalla catena di montaggio di una fede senza vitalità, abitudinaria, insipida, senza fuoco.
Siamo le dieci vergini che attendono il ritorno dello sposo per corrergli incontro con festa ed entusiasmo.
Le vergini non hanno tutte la stessa sapienza.
Cinque di esse non “si alzano di buon mattino per cercarla e non vegliano per gustarne la sua luce”.
Hanno preparato le lampade dell’attesa. Hanno predisposto un cuore che vuole fare festa. Ma soltanto per divertirsi. Vivono un amore improvvisato, temporaneo, volubile, passeggero, inaffidabile.
Quando inizia a sentirsi il primo movimento della venuta di Gesù, sposo e amore senza concorrenti, si ritrovano a non avere l’olio necessario per diffondere la luce. Le lampade si spengono.
Chiedono sprovvedutamente un po’ di olio alle compagne che giustamente non vogliono adeguarsi alla medesima disattenzione e alla stessa mediocrità.
Quando vanno a comprare l’olio arriva lo sposo e rimangono fuori della porta.
Il Signore Gesù ci chiede di vigilare su noi stessi, perché non venga meno l’amore e il desiderio di Lui.
Il Signore Gesù ci chiede di vigilare con delicatezza e discrezione sulla vita degli altri lasciando che il nostro amore arrivi anche a loro come un vento inebriante. Si sentano amati. Si sentano, accolti, si sentano motivo di attenzione e di premura.
Mentre attorno a noi domina l’indifferenza, il “farsi i fatti propri”, il “pensare al proprio tornaconto”, il “salvataggio delle proprie comodità”, la pretesa di avere tutto a poco prezzo, il Signore ci chiede di passare accanto ad ogni uomo e ad ogni donna piagati nel cuore e nel corpo, per portare l’olio della consolazione e la luce della speranza.
Se la vigilanza non ci rende così sensibili e attenti, non creiamo mai famiglia, non costruiamo mai comunità e rischiamo di rimanere tagliati fuori dalla sala del banchetto. Ci ritroveremo a bussare alla porta, ma dall’interno lo sposo-Gesù ci dice: “Non vi conosco”.
E’ la condanna più amara, sentirsi dire dall’Amore: “Non vi conosco. Non ho conosciuto il vostro amore di una volta. Avete lasciato che le vostre lampade languissero fino a spegnarsi”.
Ci sono altre cinque vergini che possiamo chiamare: “Occhi nella notte. Luce nel buio. Gioia nel dolore. Condivisione nella prova e nella festa”. Cercano con tutte le forze l’amato del loro cuore.
Non possono lasciarsi sopraffare dal sonno. Il desiderio dello sposo le tiene sveglie, e pronte a ravvivare la loro lampada.
Sono loro che si domandano: “Dov’è colui che amiamo? Quanto tarda ancora?”.
Ad un certo momento, inatteso e imprevisto, viene l’Amore. Sono adorne di ogni sapienza, sono illuminate dalle lampade accese e vive.
E’ Gesù che avanza. Non rimane che fare festa.
Tuttavia, lo stesso Gesù dice a tutti i suoi discepoli: “Io sono venuto. Sto con voi sempre. Vi do ristoro. Allo stesso tempo vi mando.
Tenete le lampade accese per quelli che muoiono di solitudine. Mettetele come luce davanti ai passi degli smarriti. Le vostre lampade sono molto preziose per coloro che hanno perso ogni fiducia nella vita. Lasciatele brillare davanti agli occhi che piangono, davanti agli occhi dei bambini e degli anziani. Tenetele alte per coloro che vivono la vita di ogni giorno nel non senso: stanno cercando soltanto me. Mi possono trovare se le vostre lampade non si spengono. Io cammino per le strade del mondo e dappertutto porto il fuoco. Voi siete il mio fuoco”.
Adesso comprendiamo perché al banchetto dello Sposo sono seduti a mensa storpi, zoppi, diseredati, tutti gli scarti di una umanità selettiva. Lo Sposo passa. Ha una parola per tutti. Si mette al servizio di tutti, con la delicata affabilità dell’amore.
Serve anche noi, perché “ci conosce”. Ci conosce talmente bene che osa mandare anche noi a portare il calore della sua Luce.
Don Mario Simula