PRIMA LETTURA
È il racconto della Pentecoste negli Atti degli Apostoli.
– Presenta anzitutto l’avvenimento che riguarda direttamente il gruppo degli apostoli. È la Pentecoste, festa ebraica che celebrava l’Alleanza del Sinai, il dono della Legge.
Col dono dello Spirito viene definitivamente suggellata la nuova Alleanza. D’ora in avanti la Legge nuova, nella Chiesa e nel cuore dei credenti, è lo Spirito.
La venuta dello Spirito è accompagnata da un rombo come di vento, come nelle teofanie del passato. Il vento e lo Spirito in ebraico vengono indicati con la stessa parola. “Non sai di dove viene e dove va: così è di chiunque è nato dallo Spirito” dice Gesù (Gv 3,8).
Lo Spirito si posa su ognuno degli apostoli, come una volta Dio “prese un po’ dello spirito che era su Mosè per effonderlo su ciascuno dei settanta anziani. Appena lo Spirito si posò su di essi, cominciarono a parlare come profeti” (Nm 11,25). Nel nuovo popolo di Dio, gli apostoli ricevono lo Spirito di Gesù, nuovo Mosè.
Egli determina il miracolo delle lingue, non una specie di esaltazione incomprensibile, come in certi profeti dell’Antico Testamento, o in tanti primi cristiani favoriti di carismi particolari (1 Cor 12,14 e 2ª lettura), ma la capacità di farsi capire. È il contrario di “Babele, perché fu lì che il Signore confuse la lingua degli uomini e li disperse in tutto il mondo” (Gn 11,9). Gli Atti fanno notare che in quel momento si trovavano in Gerusalemme “Giudei osservanti di ogni nazione che è sotto il cielo”, pellegrini o residenti abituali.
– In secondo luogo, presenta le reazioni della folla estranea all’avvenimento. Anzitutto un assembramento: così comincia a realizzarsi la profezia del sommo sacerdote: “È meglio per voi la morte di un solo uomo… per unire i figli di Dio dispersi” (Gv 11,50.52). La dispersione iniziata a Babele trova finalmente il suo rimedio.
Poi uno sbigottimento in seguito al miracolo delle lingue. L’enumerazione delle nazioni sembra senz’altro simbolica. Ne vengono indicate dodici, dall’Est all’Ovest, con al centro la Giudea. Allusione alla tradizione biblica secondo la quale “gli insegnamenti del Signore vengono da Sion (Gerusalemme, capitale della Giudea)”, e secondo la quale i popoli si riuniranno a Gerusalemme (Is 2,2-3).
Le persone riunite sentono parlare delle grandi opere di Dio. Come i profeti dell’Antico Testamento, anche quelli del Nuovo non devono parlare di se stessi, ma delle meraviglie del Signore.
SALMO
È una lode a Dio per le meraviglie della creazione, che assume un significato del tutto nuovo al cospetto della ri-creazione costituita per l’universo dalla venuta del soffio di Dio, lo Spirito.
SECONDA LETTURA
La libertà ottenuta in Cristo fa sì che il principio di azione dominante in noi non sia più il peccato (= la carne, l’egoismo) ma lo Spirito che dà vita (8,2). Egli ci mette in un rapporto di figliolanza con Dio, ci dà la possibilità di invocarlo, come ha fatto Gesù, con il nome “Abbà, Padre” (8,15-16), ci rende con Cristo coeredi della vita eterna (8,17) e totalmente partecipi alla vita di Cristo anche nella risurrezione (8,11). Ma questa realtà che è operata in noi dal dono dello Spirito (5,5) dev’essere una nostra scelta quotidiana (8,12-13); infatti, la partecipazione alla gloria di Cristo suppone la compartecipazione alle sue sofferenze (8,17). In noi si deve realizzare pienamente il suo destino di morte e di vita.
VANGELO
È un tratto del lungo discorso di addio (o di conforto) che Gesù rivolge ai discepoli prima di incamminarsi verso il Getsemani. Egli offre a coloro che lo amano (v. 15) nuovi motivi di fiducia: promette lo Spirito (v. 16), chiamato Spirito di verità (v. 17), perché sarà per essi il rivelatore (v. 26). Promette inoltre che egli stesso con il Padre verrà ad abitare tra i discepoli (v. 23). Si realizza così la vera presenza di Dio tra gli uomini. Tale comunione rende possibile anche quella con i fratelli mediante l’osservanza della sua parola o comandamenti (vv. 15.24) e nasce dal fatto che Gesù con la sua morte volontaria (vv. 30-31) è andato al Padre (v. 28) e ha mandato lo Spirito (16,7).
Un cristiano non si contenta di parole, ma rende concreto il suo amore per Cristo mediante l’osservanza dei suoi comandamenti, per vivere come è vissuto lui. Per questo abbiamo bisogno dello Spirito: egli svela al nostro cuore il vero modo di amare, facendoci provare la comunione che ci avvolge: Gesù nel Padre suo, noi in lui e lui in noi.
PER ANNUNCIARE LA PAROLA
Lo Spirito Santo diffuso nei nostri cuori
Avete ricevuto lo Spirito Santo? La domanda potrà lasciare molti battezzati e cresimati perplessi come i discepoli di Efeso (At 19,2). Chi è lo Spirito Santo?
Lo Spirito è Dio. La sua venuta è accompagnata dai segni abituali delle teofanie dell’Antico Testamento: rombo, vento violento, fuoco (1ª lettura). L’enumerazione di Paolo presenta il medesimo Spirito, il medesimo Signore, il medesimo Dio (2ª lettura). Gesù comunica lo Spirito agli apostoli perché possano rimettere i peccati (Vangelo): “Solamente Dio può perdonare i peccati” (Mc 2,7).
Lo Spirito è lo Spirito di Gesù. Di lui è appunto detto all’inizio della missione di Gesù: “Il Signore ha mandato il suo Spirito su di me” (Lc 4,18).
L’invio dello Spirito è legato alla risurrezione di Gesù. Viene donato “la sera di Pasqua” (Vangelo), “cinquanta giorni dopo Pasqua” (1ª lettura).
Gesù alita sugli apostoli affinché ricevano lo Spirito (Vangelo). Soffio del Creatore perché l’uomo viva (Gn 2,7) e soffio violento del giorno di Pentecoste (1ª lettura).
Dopo la presenza visibile del Figlio, ci è donata la presenza invisibile dello Spirito. È una presenza più misteriosa, ma più intima: egli non è più di fronte a noi come un interlocutore, ma è con noi come un consigliere, ci aiuta a capire, a credere, ad amare, a pregare. Grida in noi: “Padre”.
Lo Spirito fa vivere la comunità
È la comunità a riceverlo: “Si trovavano tutti insieme nello stesso luogo” (1ª lettura); “I discepoli si trovavano nello stesso luogo” (Vangelo).
Lo Spirito è donato per la comunità:
- per farla esistere: battezzati nell’unico spirito per formare un solo corpo (2ª lettura) superando il numero, le differenze linguistiche e nazionali (1ª lettura), le distinzioni religiose: “Giudei o Greci”, le differenze sociali: “schiavi o liberi” (2ª lettura);
- per riconciliare con essa i suoi membri peccatori: “Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi” (Vangelo);
- per assicurare in essa le diverse funzioni: i doni della grazia sono vari, ma lo Spirito è sempre il medesimo (2ª lettura);
- perché essa cresca con la proclamazione delle meraviglie di Dio in lingue diverse. Tutte le nazioni sono interessate: “Si trovavano allora in Gerusalemme Giudei osservanti di ogni nazione che è sotto il cielo” (1ª lettura).
In che modo le nostre comunità vivono dello Spirito Santo? In che modo riconosciamo la sua presenza quando siamo riuniti? quando preghiamo? In che modo riconosciamo la sua azione? In che modo accettiamo la diversità dei suoi doni negli altri, diversi da noi?
Le manifestazioni dello Spirito
Possono essere spettacolari: a Pentecoste, i segni esterni, il dono delle lingue: “Erano stupefatti e fuori di sé per lo stupore” (1ª lettura).
Possono essere misteriose e oggetto di fede, come la sera di Pasqua per i discepoli (Vangelo), come per ognuno dei battezzati: noi tutti ci siamo abbeverati a un solo Spirito (2ª lettura).
Possono essere collegate alle istituzioni e alla vita quotidiana della comunità: al battesimo (2ª lettura), al perdono dei peccati (Vangelo), a diverse funzioni e attività (2ª lettura). Ognuno riceve il dono di manifestare lo Spirito in vista del bene comune.
Tratto da “Omelie per un anno 1 e 2 – Anno C” – a cura di M. Gobbin – LDC